giovedì 31 gennaio 2013

S.W.I.T. NOVITA' DAL MONDO DEGLI ALLENAMENTI A CIRCUITO


La metodica allenante trattata nel post odierno è lo Step-Wise Interval Training. Può essere considerata una variante dell’interval training, tant’è che in Italianao viene tradotto come interval training progressivo o graduale. La caratteristica dello S.W.I.T. è l’alternanza di lavoro aerobico e anaerobico, lavoro che parte da valori di vo2max bassi per arrivare gradatamente alla soglia anaerobica.

Lo S.W.I.T. è poco conosciiuto dal mondo del fitness, anche se è una forma del più conosciuto interval training. La metodica è costituita da intervalli di lavoro della durata di 4 minuti ad intensità crescente. Il classico interval training alterna in maniera ciclica stazioni di lavoro ad alta e bassa intensità, di durata variabile (ad esempio 1.30 di corsa lenta 30” di scatto con codice allenante 3 a 1 ovvero la fase di recupero ha durata tre volte maggiore a quella di lavoro intenso) con l’obiettivo di raggiungere e superare la soglia anerobica.

Lo S.W.I.T. è stato scoperto dopo fatta da Jacobs e Sjodin nel 1985 con l'obiettivo di confrontare il rapporto tra il VO2max e l'attività enzimatica del muscolo scheletrico in risposta al progressivo aumento dell'intensità fino a raggiungere livelli che favorissero una concentrazione ematica di lattato di 4 mmol/l, cioè le concentrazioni caratteristiche che si vengono a creare una volta raggiunta la soglia anaerobica.

Nella ricerca menzionata vennero presi in considerazione il  treadmill e il cicloergometro utilizzando il medesimo protocollo di lavoro. I risultati indicarono che il picco del consumo di ossigeno (VO2), e il VO2max alla soglia anaerobica era del 16% maggiore durante le prestazione sul treadmill se comparato al cicloergometro. La percentuale del VO2max alla soglia anaerobica era del 85% per il treadmill e del 79% per il cicloergometro.

I risultati furono con in questo modo non si rispettavano  i canoni tradizionali del Interval training, a tal punto che decisero di non nominare come tale la metodica usate. Probabilmente è stato riconsciuto con il nome di Interval training perché l'intensità subisce costantemente una variazione ad intervalli regolari, anche se in maniera molto diversa da quanto viene previsto nella modalità tradizionale.

Lo S.W.I.T.  inizia con un fase di riscaldamento della durata di 5 minuti effettuata ad un’intensità blanda. Eseguita la fase di riscaldamento, l’allenamento procede con degli step di 4 minuti e con l’intensità che cresce del 10/15% ad ogni step, sino ad arrivare alla soglia anaerobica precedentemente calcolata con appositi test. La prestazione può essere terminata una volta raggiunta la massima intensità ricercata, al quale però può seguire un periodo di defaticamento.

L’allenamento dovrebbe iniziare con un intensità tale da essere simile ad un valore sulla scala di Borg (scala della percerzione dello sforzo) di 11. Gli step seguenti dovrebbero aumentare ogni volta di 1 punto nella scala di Borg. Si consiglia di eseguire in base alle capacità del soggetto un allenamento della durata compresa fra 20 e 60 minuti.

Il livello d’intensità per raggiungere la soglia anaerobica è ovviamente soggettivo e influenzato dal grado di allenamento. La ricerca di Jacobs e Sjodin ha evidenziato che  che la soglia anaerobica avviene tra l'80-90% della FCmax per gli individui allenati e minimo al 50-60% della FCmax per i non allenati e che  la scala di Borg è fortemente correlata che l'innalzamento dei livelli ematici di lattato in risposta all'esercizio, indipendentemente dal sesso, dallo stato di allenamento, dal tipo di esercizio in corso, o dall' intensità di allenamento. La scala della percezione dello sforzo diventa quindi ottimale per decidere gli aumenti di intesità di questa metodica allenante, evidenzniando che  la soglia anaerobica si verifica tra i punteggi 13 e 15 sulla scala RPE, intensità classificata come attività un pà dura o dura.

Per tanto, poiché alcuni soggetti potrebbero trovare il picco al 60-65% della FCmax, e per altri la massima intensità potrebbe essere raggiunta al 90% della FCmax, è necessario tenere conto delle caratteristiche individuali del soggetto per poter impostare l'intensità di picco e il numero di step.

mercoledì 30 gennaio 2013

COME LIMITARE E DIMINUIRE LA RITENZIONE IDRICA E LA CELLULITE CON IL CIRCUITO P.H.A.


Il sistema Peripheral Heart Action venne fu codificato dal Dr. Arthur H. Steinhaus negli anni 50', divendendo però popolare solamente negli 60' grazie a Bob Gajda giovane culturista, vincitore nel 1966 del Mr. America. Gajda scrisse del P.H.A. su diverse riviste del settore culturistico. Gli articoli parlavano di un sistema di allenamento in grado di  dare una notevole enfasi sulla continua circolazione sanguigna, e sul fatto che non si doveva congestionare la cicolazione in un'unica area o in un unico gruppo muscolare tramite set allenaneti consecutivi. Gajda diede così risalto al concetto del circolo sanguigno attraverso tutta la muscolatura del corpo, citando nei proprio articoli il suo mentore il professor Arthur H. Steinhaus, come colui che lo aveva influenzato in maniera importante sull'elaborazione della teoria del PHA. Steinhaus fu uno dei fondatori del American College of Sports Medicine (ACSM). Il P.H.A. raqggiunse il suo picco di notorietà grazie ad Arthur Jones che lo rese più popolare diffondendolo all'interno del corpo militare statunitense.
 
Il Cardio-PHA training consiste nell’esecuzione di uno o più circuiti che si differenziano dal CFT per l’ordine preciso secondo il quale devono essere stimolati i differenti settori corporei. Il Cardio-PHA (Peripherial Heart Action) training prevede infatti lo stimolare di seguito, con opportuni esercizi, distretti corporei il più possibile “lontani” tra loro. Un esercizio per gli arti inferiori, ad esempio, sarà immediatamente seguito da un esercizio per gli arti superiori. È evidente quanto tale strategia allenante si riveli decisamente più intensa rispetto ad un allenamento CFT classico, in quanto richiederà un notevole lavoro cardiovascolare, al fine di pompare e ridistribuire repentinamente il flusso ematico in distretti corporei diversi e situati alle diverse estremità corporee. Gli adattamenti indotti dal Cardio-PHA training sono apprezzabili sia a livello cardiovascolare, che a livello di riduzione del grasso corporeo, in quanto l’utilizzo di tale metodica induce un marcato aumento del metabolismo basale nelle ore post esercizio. Il Cardio-PHA training è estremamente interessante ed efficace nelle donne, soprattutto se sofferenti di problemi circolatori o cellulite a livello degli arti inferiori. Ciò in quanto consente un rapido riflusso sanguigno verso l’alto dai distretti corporei inferiori e previene un eccessivo ristagno in tali zone di acido lattico, tossine e cataboliti.

Un tipico allenamento PHA prevede una serie di esercizi che colpiscono la parte superiore e inferiore, con l'intenzione di alternare un esercizio per la parte superiore del tronco e uno per gli arti inferiori, o per lo meno non nella stessa area coinvolta nel precedente esercizio. Un tipico allenamento PHA utilizza 5-6 esercizi differenti eseguiti consecutivamente per 5-6 cicli, con un aumento del carico ad ogni ciclo. Ogni esercizio dovrebbe essere eseguito per almeno 10-12 ripetizioni, passando rapidamente da un esercizio all'altro, e riposando il minimo tempo necessario per riuscire a svolgere l'esercizio successivo aumentando prograssivamente l'intensità. Nessuna serie viene portata al cedimento muscolare (RM) e l'ultimo ciclo dovrebbe risultare particolarmente duro da eseguire. Questo allenamento dovrebbe durare circa 35-45 minuti, a seconda del livello di forma fisica.


martedì 29 gennaio 2013

ALLENAMENTO A CIRCUITO COME DIMAGRIRE DIVERTENDOSI

 
La mia esperienza come trainer e come formatore di trainer mi porta a poter dire che attualmente la richiesta che va per la maggiore da parte dei clienti è di dimagrire e di tonificare la muscolatura e di aumentare il benessere psico-fisico. A questa serie di richieste si aggiunge il fattore tempo che al giorno d’oggi è un fattore limitante importante. La gente ha poco tempo per se stessa e per poter praticare attività di svago. Così ci si trova di fronte clienti che hanno poco tempo per allenarsi e il desiderio di raggiungere medi livelli di fitness. La risposta alle domande dei clienti in questo caso è fondamentalmente una allenarsi con i circuiti.
Le metodiche a circuito sono molteplici, in questo articolo parleremo del Cardio Fit Training (C.F.T.). La metodica oggetto di questo articolo nasce dall’esigenza di conciliare nella stessa seduta di allenamento stazioni di tonificazione tramite l’utilizzo di manubri, bilanceri, macchine anisotoniche, elastici, corpo libero, ecc.. alternate a stazioni aerobiche eseguite o sulle classiche attrezzature cardio presenti nelle sale fitness quindi step, bike, vogatori, treadmill, elittiche ecc oppure tramite movimenti ciclici eseguiti a corpo libero come camminata, corsa, saltelli, step, ecc..
Già il fatto di poter utilizzare diverse attrezzature e svariati movimenti ciclici pone il C.F.T. in una situazione di privilegio rispetto a tanti altri allenamenti. Lo si può descrivere come un allenamento vario e divertente, che si può praticare in palestra, a casa, al parco, in spiaggia, ovunque si vuole e quando si vuole. Cosa si spera di ottenere da un allenamento del genere ? questa domanda viene spesso rivolta dal cliente al trainer quando quest’ultimo propone la metodica al primo. Non esiste una risposta ma ne esistono svariate:

  • Si assiste ad un miglioramento della composizione corporea, diminuzione della massa grassa aumento della massa magra.
  • Si assiste ad un miglioramento dell’apparato cardiaco e di quello respiratorio.
  • Si assiste ad un calo della pressione arteriosa.
  • È un allenamento dal punto di vista dell’esecuzione facile da capire e da effettuare (è molto più difficile eseguire una coreografia di step o di aerobica che camminare e ogni tanto fermarsi per eseguire degli esercizi a corpo libero).
  • I risultati si vedono in tempistiche relativamente brevi. Il cliente si sente meglio a livello fisico e di conseguenza anche a livello psichico.
  • Diviene più semplice effettuare i movimenti di tutti i giorni (il così detto fitness funzionale) e quelli che si faceva fatica ad eseguire (esempio correre).
  • È un allenamento vario e divertente non legato a orari (vedi corsi collettivi) o a strutture particolari.
  • È adatto a tutti donne e uomini anziani e junior.
  • È possibile ogni volta eseguirlo in modi diversi combattendo la noia da sala pesi.

Le motivazioni per eseguire un C.F.T. sono queste ed altre ancora. I punti sopraelencati potrebbero essere un volantino pubblicitario ad altissimo impatto ed effetto. Vieni da noi oppure chiamami nel caso di un personal trainer e di proporrò un allenamento su misura per te in base ai tuoi orari in base al tempo che hai a disposizione in base al luogo dove vuoi allenarti e con la garanzia che in breve termine ti sentirai meglio e raggiungerai i tuoi risultati !!! risultato palestra o agenda piena !!!
Dalla teoria passiamo ora alla pratica presentando un esempio di C.F.T. femminile. Il consiglio che do ogni qual volta che si vede una tabella di allenamento scritta da qualche parte, internet, libri o riviste è non copiatela di pari passo !!! non è detto che vada bene per voi. Ogni soggetto che si allena ha una storia sportiva a se, presenta o meno delle problematiche fisiche più o meno importanti, ha posture ed esigenze diverse ed altro ancora che potrebbe far si che la scheda proposta non vada bene per lei o lui. Il consiglio è di chiedere ad un’esperto di redigere una scheda ad hoc. Il mio intento in questo articolo e in tutti gli articoli che parlano di schede è quello di far capire il come e il perché certi allenamenti funzionane meglio di altri e il perché.

 
Come ogni allenamento anche il C.F.T. è soggetto alla legge dell’adattamento e quindi ad un certo punto diviene indispensabile crescere l’intesità o il volume in modo che l’organismo di chi lo esegue debba migliorarsi per poter sostenere il nuovo stimolo più intenso del precedente. I modi per intensificare un circuito possono essere i seguenti:

  • Inserire nuove stazioni con l’utilizzo di sovraccarichi.
  • Aumentare la permanenza sulle stazioni a bassa intensità (aerobiche).
  • Eseguire due volte di fila le stazioni ad alta intensità, prima di passare alla successiva macchina aerobica.
  • Ripetere il circuito una seconda volta.
Arrivato a questo punto non mi resta che augurarvi buon allenamento o ancora meglio un buon cardio fit training ovunque voi decidiate di eseguirlo.

domenica 27 gennaio 2013

GINNASTICA RESPIRATORIA

 
Il sistema respiratorio è composto dai polmoni che rappresentano la sede degli scambi gassosi e dalla pompa che serve per ventilare i polmoni stessi. La pompa è costituita dalla cassa toracica, dai muscoli respiratori che la muovono e dai centri nervosi che ne controllano i movimenti. Il lavoro di pompa è regolato dai centri respiratori situati nel midollo allungato. I muscoli interessati sono il diaframma e i muscoli intercostali esterni ed interni, i parasternali intercondrali, gli scaleni, e gli sternocleidomastoidei.

Il diaframma è formato da tre parti:

  • la porzione costale, costituita dalle fibre muscolari che sono attaccate alle coste intorno al fondo della gabbia toracica;
  • la porzione crurale, fatta dalle fibre che sono attaccate ai legamenti lungo le vertebre;
  • il centro tendineo, nel quale si inseriscono le fibre costali e crurali. Queste ultime, passando da ciascun lato dell'esofago, possono comprimerlo quando si contraggono. Il centro tendineo è anche la parte inferiore del pericardio. Le porzioni costali e crurali sono innervate da parti differenti del nervo frenico e possono contrarsi separatamente. Per esempio, durante il vomito e l'eruttazione, la pressione intra-addominale è aumentata dalla contrazione delle fibre costali, ma le fibre crurali rimangono rilasciate, permettendo al materiale di passare dallo stomaco nell'esofago

Oltre al diaframma, gli altri principali muscoli inspiratori sono gli intercostali esterni, che decorrono obliquamente in basso e in avanti da ogni costa a quella successiva. Le coste ruotano facendo perno posteriormente sull’articolazione costo-vertebrale, e quando i muscoli intercostali si contraggono, esse, che sono inclinate in basso e in avanti, vengonosollevate in una posizione più orizzontale; lo sterno viene allora spinto in avanti, e il diametro antero-posteriore del torace aumenta. Anche il diametro trasversale aumenta, ma in misura minore. Tanto il diaframma quanto i muscoli intercostali esterni possono, da soli, mantenere un’adeguata ventilazione in condizioni di riposo. La sezione del midollo spinale sopra il 3° segmento cervicale è fatale se non si interviene con la respirazione artificiale, mentre non lo è una sezione sotto l'origine dei nervi frenici (segmenti cervicali 3-5); per contro, nei pazienti con paralisi bilaterale del frenico, ma con innervazione dei muscoli intercostali intatta, la respirazione è un po' faticosa ma sufficiente. Gli scaleni e gli sternocleidomastoidei sono muscoli inspiratori accessori che concorrono a sollevare la gabbia toracica nella respirazione profonda e faticosa.

Quando i muscoli espiratori si contraggono, si ha diminuzione del volume intratoracico ed espirazione forzata. Gli intercostali interni hanno questa azione perché decorrono obliquamente in basso e posteriormente, da una costa a quella sottostante, per cui tirano in basso la gabbia toracica quando si contraggono. Anche le contrazioni dei muscoli della parete addominale anteriore aiutano l'espirazione, sia perché tirano la gabbia toracica in basso e all'interno, sia perché aumentano la pressione intra addominale, che spinge in su il diaframma.

Inspirazione

Consiste nella dilatazione della gabbia toracica che in grazia del sistema pleurico, comporta la dilatazione del polmoni e il richiamo di aria nell’albero bronchiale e negli alveoli. Nella respirazione normale l’attività è a carico quasi esclusivamente del diaframma. Con un intenso sforzo inspiratorio, la pressione intra pleurica può scendere fino a -30 mmHg, producendo una espansione (inflazione) dei polmoni molto maggiore alla norma. Quando la ventilazione aumenta, anche lo svuotamento (deflazione) dei polmoni aumenta, per l'entrata in attività dei musco1i espiratori che riducono il volume intra toracico.

Espirazione

Il flusso dell’aria esce dai polmoni è determinato dalla diminuzione del volume del torace. Si tratta in gran parte di un fenomeno passivo dovuto alla natura elastica dei tessuti cartilagenei, dei polmoni stessi e delle pareti addominali. Ciò permette la riduzione senza intervento muscolare. Solo l’espirazione forzata richiede un notevole sforzo muscolare. La ventilazione mantiene la normale concentrazione dell’O2 e della CO2 nel sangue alveolare, attraverso un passaggio di questi dai capillari al sangue per diffusione. La perfusione corrisponde al flusso ematico polmonare che è dato dalla frequenza cardiaca per il volume sistolico dell’atrio destro. Il rapporto tra ventilazione e perfusione dovrebbe essere lo stesso in tutto il polmone. La differenza tra le pressioni parziali dei gas respiratori nel gas espirato e nel sangue arterioso sistemico è una misura dell’efficienza della funzionalità polmonare.


GINNASTICA RESPIRATORIA
 
La maggior parte degli esercizi sotto descritti dovrebbero essere eseguiti in un luogo sufficientemente riscaldato e tranquillo e richiedono l’impiego di uno o più sacchetti di sabbia del peso di 3 kg.
 
GINNASTICA DIAFRAMMATICA

  • Posizione supina con le ginocchia piegate, porre le mani sull’addome all’altezza del diaframma. Inspirare profondamente gonfiando l’addome, trattenere il respiro per alcuni secondi, quindi espirare completamente comprimendo l’addome con le mani.  Ripetere l’esercizio lentamente 20 volte.
  • Posizione supina gambe piegate, porre il sacchetto di sabbia sull’addome. Inspirare profondamente alzando il sacchetto con l’addome, trattenere il respiro per alcuni secondi, poi espirare completamente abbassando il sacchetto. Ripetere l’esercizio 30 volte.
  • Posizione seduta mani sull’addome, inspirando gonfiare l’addome, mantenere la posizione alcuni secondi quindi espirare profondamente comprimendo con le mani l’addome. Ripetere l’esercizio 30 volte.
  • In piedi posizione eretta mani poste sull’addome, inspirare profondamente gonfiando l’addome, mantenere la posizione per 10 secondi quindi espirare comprimendo l’addome con le mani. Ripetere 30 volte l’esercizio.
  • Sul fianco posizione di decubito laterale destro, la gamba destra è piegata, le mani poste sull’addome inspirare gonfiando la cavità addominale; trattenere il respiro alcuni secondi quindi espirare comprimendo con le mani l’addome. Ripetere 25 volte l’esercizio per lato.
  • Esercizio analogo  al precedente con l’aggiunta di un  sacchetto di sabbia sull’addome  Ripetere 30 volte l’esercizio per lato.

GINNASTICA COSTALE

  • Supini gambe piegate, mani poste sul torace, inspirare alzando il più possibile il petto; trattenere il respiro alcuni secondi, quindi espirare comprimendo il torace con le mani. Ripetere l’esercizio 30 volte.
  • Esercizio analogo  al precedente con l’aggiunta di un  sacchetto di sabbia sul torace. Ripetere l’esercizio 30 volte.
  • Variante al precedente esercizio aggiungendo il movimento delle braccia che in fase inspiratoria sono portate verso dietro, in fase espiratoria ritornano lungo i fianchi. Ripetere l’esercizio 25 volte.
  • Sul fianco destro con il sacchetto posto sullo stesso fianco, inspirare portando il braccio sinistro verso dietro e sollevando il sacchetto di sabbia; trattenere il respiro per alcuni secondi poi espirare abbassando l'arto superiore ed il sacchetto. Ripetere l’esercizio 20 volte per parte.




sabato 26 gennaio 2013

ACIDO ALFA LIPOICO...L'ANTIOSSIDANTE UNIVERSALE


L’acido alfa lipoico (Ala) già noto negli anni 50 dopo che L.J. Reed e I.C. Gunsalus riuscirono ad estrarlo dal fegato. A volte viene anche chiamato vitamina N. Si trova sia nelle cellule eucarioti che in quelle procarioti, nelle quali svolge la funzione di cofattore necessario per il metabolismo energetico mitocondriale. L’Ala interviene a livello della membrana cellulare prevendo il danno degli antiossidanti, andando inoltre a ripristinare gli antiossidanti intracellulari. Regola lo stato redox di proteine, prolattina, tireodoxinza e di altri fattori vari. Vari studi attribuiscono all’Ala funzioni disintossicanti, funzioni antidiabetiche e funzioni benefiche a livello cardiovascolare, a livello del sistema nervoso, neuromuscolare e immunitario.

 Alimentazione e Ala

Il nostro corpo ha una limitata capacità di sintesi dell’Ala, fattore che rende necessario assumere questa sostanza tramite l’alimentazione. Cuore, reni e fegato sono fonti molto ricche di acido alfa lipoico, in misura minore si trova nella frutta e nella verdura.  Nel qual caso l’alimentazione non fosse in grado di apportare un adeguato introito di Ala, si può pensare di integrarlo nella misura di 50-600 mg al giorno.

Funzione antiossidante

Una volta assorbito e biodisponibile l’acido alfa lipoico se ossidato e ridotto costituisce una coppia redox con potenziale di riduzione di -0,32v, rendendolo uno dei più potenti antiossidanti presenti in natura. Questa funzione e potenzialità ne spiega il largo utilizzo nei programmi antiage. Svolge la sua azione di antiossidante mediante una funzione diretta di sequestro dei radicali liberi; mediante una funzione indiretta come rigenerante di altri antiossidanti; mediante l’aumento della sintesi di antiossidanti a livello celulare. Favorisce l’aumento dei livelli di ascorbato e di glutatione a livello intracellulare. Il fatto di essere una molecola di piccole dimensioni è facilmente assorbita e trasportata, oltre a questo fattore ha la capacità di rimanere attiva sia in ambiente acquoso che in quello lipidico, motivando così il fatto di essere considerato un antiossidante “universale”.
Quando viene ridotto cede il suo elettrone a molecole di glutatione e di vitamina C ossidate rigenerandole. La vitamina C una volta ridotta è in grado di riattivare la forma ossidata della vitamina E.

Azione chelante

Alcuni studi hanno dimostrato che l’acido alfa lipoico è ingrado di effettuare un’azione chelante. La chelazione dei metalli è la captazione di un metallo-ione attraverso due radicali di una molecola. Il complesso così formato è stabile ed i metallo-ioni diventano inattivi;per essere eliminato,tuttavia,il complesso organico/metallo-ione deve essere elaborato dal rene e/o dal fegato e solo allora può raggiungere l’esterno attraverso le urine e/o la bile.

Azione sul diabete

L’Ala ha la capacità di aumentare l’efficacia dell’insulina, migliorando inoltre il trasporto del glucosio all’interno delle cellule tramite vie alternative a quelle dell’insulina stessa.
Funzioni che chiaramente favoriscono la normalizzazione della glicemia. l’acido alfa lipoico riduce la resistenza all’insulina, situazione che risulta determinante nello scatenare patologie come il diabete di tipo 2 e la sindrome plurimetabolica e a tutto ciò che ne concerne a livello di conseguenze nefaste.
L’azione antiossidante dell’Ala è di fondamentale importanza nel proteggere i nervi dall’aggressione dei radicali liberi, limitando l’insorgenza delle neuropatie diabetiche.

Azioni sul sistema nervoso

Oltre alla funzione appena descritta di protezione dai radicali liberi l’Ala migliora la comunicazione nervosa, aumentandone allo stesso tempo la funzionalità. Normalizza la sensibilità nervosa riducendo le sensazioni dolorose e la torpidità sensitiva. Incrementa i livelli di neuropeptide Y a livello dei nervi sostanza in grado di diminuire il dolore, rendendo così utili l’Ala nelle sciatalgie ad esempio.
Migliora le funzioni cognitive e la memoria, grazie all’aumento di flusso ematico a livello celbrale. Viene utilizzato anche in paziente affetti da Alzheimer e Parkinson che beneficiano degli effetti positivi dell’Ala sul sistema nervoso.
Dosi fino a 1200 mg/die sono stati somministrati a pazienti con sclerosi multipla nella speranza di diminuire la progressione della malattia; studi ancora in via di sperimentazione.

Azione antitumorale

Pare che l’Ala induca apoptosi in diversi tipi di cellule tumorali.

Azione sul sistema circolatorio

Prendere 300 mg/die di acido lipoico, migliora dopo 4 settimane del 44 per cento la vasodilatazione endotelio-dipendente. L’Ala presenta un’attività antinfiammatoria e ipolipidemica, corrispondente a  un potente effetto antiaterogeno, potendo così essere usate come sostanza preventiva nei confronti della malattia vascolare aterosclerotica.

Effetti sulla performace sportiva

Nel 1997 Henriksene e Jacob hanno evidenziato come l’integrazione con 600 mg di Ala al giorno potessero migliorare la resistenza sulle distanze medie e brevi, situazione motivata dall’aumentata capacità dell’organismo di gestire gli zuccheri. Nel fitness viene usato come integratore per il dimagrimento in quanto in grado di stabilizzare la glicemia e di migliorare l’uilizzo dei carboidrati evitando che vengano trasforamati in grasso e quindi poi accumulato. I body builder ne sfruttano la funzione anabolica simil insulinica. 

Altri possibili effetti

l’Ala viene usato per i suoi effetti antiossidanti anche nei casi di prevenzione della cataratta, nei casi di immunodeficienza, nella sindrome da fatica cronica e nella psoriasi.

Effetti collaterali

Molto raramente si sono manifestati effetti collaterali utilizzando l’Ala. Quando questi si presentano sono generalmente di natura lieve. Più frequentemente compare prurito cutaneo. Nei diabetici possono verificarsi, in caso di somministrazione incontrollata, casi di ipoglicemia.

IL FARTLEK....COME DIMAGRIRE IN MEZZO ALLA NATURA


Vista la bella giornata che c'è oggi, mi vien voglia di parlare di attività fisica outdoor. Diventa qunindi inevitabile scrivere della corsa.
La corsa è sicuramente un’attività fisica che affascina ogni aspirante sportivo e che entusiasma chi già la pratica. La corsa è spesso percepita dai clienti come un’attività che da benessere e forma fisica ottimale. Un obiettivo che spesso i clienti richiedono al proprio trainer è dunque quello di poter iniziare o di ricominciare a correre. La corsa apporta una serie di benefici che sono:
  • Riduzione della frequenza cardiaca a riposo;
  • Aumento della capacità vitale dei polmoni;
  • Migliore ossigenazione tissutale;
  • Migliora la sopportazione alla fatica fisica;
  • Formazione di circoli arteriosi "anastomotici", grazie alla quale si migliora l'irrorazione sanguigna in tutte le parti del corpo;
  • Riduzione della formazione delle lipoproteine, responsabili del deposito del colesterolo sulle pareti delle arterie (chiamate lipoproteine LDL) e formazione delle lipoproteine HDL che si oppongono alla formazione di queste occlusioni;
  • Funzione benefica nei confronti dell'ipertensione, previene il diabete e si oppone all'insorgere di stress psichici poiché permette di scaricare le tensioni nervose.
Visto il post di ieri sull'EPOC, il post di oggi si concentra su una metodica allenante utile a stimolare la produzione di un buon consumo di ossigeno post esercizio.

Il Fartlek (o speed play) è un termine della lingua svedese che significa "gioco di velocità". Il Fartlek training fu introdotto negli anni trenta dall'allenatore svedese Gösta Holmer (1891-1983). Caratteristica principale di questo tipo di allenamento è data dal fatto che l'intensità o la velocità dell'esercizio varia, ciò significa che il sistema aerobico e anaerobico sono messi sotto sforzo alternativamente. La maggior parte delle sessioni di Fartlek durano almeno 45 minuti e possono variare dalla camminata aerobica allo scatto anaerobico. Le variazioni di velocità e d’intensità sono date da:
  • Irregolare altimetria (salite, discese);
  • Superfici diverse (erba, sabbia):
  • Soggettività dell’atleta (che s’impone ritmi variabili).

Le finalità fisiologiche di quest’allenamento sono: miglioramento della capacità di recupero dei debiti di ossigeno lattacidi durante il lavoro. Le finalità psicologiche sono: variare i contenuti dell’allenamento utilizzando percorsi naturali, più motivanti rispetto all’uniformità del lavoro a ritmo di corsa invariato. 
Il professor Jean-Pierre Despres, docente di  dietologia umana alla Laval University di Quebec City, ha evidenziato in uno studio pubblicato su Sports and Exercise, che alternare l'intensità durante l'allenamento aiuta a perdere peso più velocemente che eseguendo l'esercizio ad un ritmo costante. Caratteristica assolutamente soddisfatta quindi dal Fartlek.

Il fartlek può essere suddiviso in varie tipologie.  Quelle maggiormene utilizzate sono:
  • Spontaneo: è l’atleta che decide di aumentare o diminuire l’andatura in base alle sensazioni soggettive del momento.
  • Predeterminato: si svolge su percorsi dove si sono prestabiliti, Km e ritmo
  • Di gruppo: le variazioni sono decise dai membri del gruppo.

Le variazioni possono essere:
  • Variazioni lunghe: nelle quali si esegue un’andatura con ritmo base simile a quella del lungo lento (60/65% del VO2 Max) con tratti a velocità molto sostenuta su distanze di 1000-2000-3000 m.
  • Variazioni brevi: nelle quali secondo la lunghezza totale del percorso si esegue un ritmo base di tipo lento o medio con tratti di velocità molto sostenuta su distanze comprese fra i 300 e i 600 m.
  • Variazioni miste: sono una miscelanza di variazioni lunghe e brevi secondo una successione variabile.

Segue un esempio di come può essere impostata una seduta di Fartlek.


Non mi resta che augurarvi una buona corsa in mezzo alla natura !!!


venerdì 25 gennaio 2013

DIMAGRIRE CON L'EPOC (Excess Postexercise Oxigen Consumption).



Lo sapevate che, un maratoneta di alto livello copre i 42 km della gare in meno di 130 minuti e nel frattempo:
  • Spendere circa 3000 calorie;

  • Ossida circa 700 Gr di carboidrati;
  • 
Ossida circa 30 Gr di grasso;

  • Utilizza 600 litri di ossigeno;
  • 
Scinde e forma 150 moli di ATA che pesano in totale 63 Kg.
Fisiologicamente se vogliamo consumare acidi grassi a scopo energetico, dobbiamo effettuare un’attività fisica prolungata a bassa intensità. Gli acidi grassi possono derivare da:
 
  • Chilomicroni e lipoproteine di derivazione epatica;
  • Acidi grassi proveniente dal tessuto adiposo;
  • Acidi grassi provenienti dai trigliceridi muscolari.
Uno studio condotto su ciclisti agonisti ha dimostrato che:

  • Al 25% del VO2Max l’80% dell’energia derivava dall’ossidazione degli acidi grassi provenienti dal tessuto adiposo:
  • AL 65% DEL VO2Max il 50% dell’energia derivava dal glicoceno muscolare e il 50% dagli acidi grassi plasmatici e da quelli intramuscolari;
  • All’85% del VO2Max più del 60% dell’energia derivava dal glicogeno muscolare e il rimanente 40% dagli acidi grassi plasmatici e intramuscolari.

Teoria confermata da Thompson che afferma che maggiore è l’intensità dell’allenamento minore è l’utilizzo degli acidi grassi.

I lipidi coprono il 30-80% del lavoro muscolare, questo in funzione del livello d’intensità dell’esercizio, ma anche in funzione del tipo di dieta. Quest’ultima infatti influisce molto sul modo di usare i substrati energetici. Concetto confermato dagli studi del 2000 di Burke: che hanno evidenziato come cinque giorni di dieta ricca in lipidi più esercizio di endurance, ha portato i soggetti in analisi ad un aumento di più del doppio dell’ossidazione di grasso durante l’esercizio di moderata intensità.

All’inizio di un’attività fisica si ha diminuzione degli FFA del sangue e quindi, grazie ad un aumento del tono del simpatico conseguente all’esercizio, c’è liberazione di FFA dal tessuto adiposo e diminuzione dell’insulina. Se l’attività è di breve durata, il substrato energetico è in ugual misura costituto da lipidi e carboidrati, ma con il protrarsi dell’attività aumenteranno sempre più i primi a scapito dei secondi la cui riserva è molto più limitata. Nella prima ora di esercizio l’uso di carboidrati e grassi è diviso al 50% di cui il 37% è costituito da FFA; alla terza ora l’utilizzo dei grassi sarà salito al 70% con il 50% di FFA.



PIÙ PROLUNGATO È L’ESERCIZIO MAGGIORE È IL CONTRIBUTO DEI GRASSI
90% DOPO 6 H – 62 G GRASSO ORA (EDWARDS & MARGARIA 1934)
 


Sappiamo come vi sia una relazione inversa tra l’intensità del lavoro e quota di grassi ossidati. Il lavoro a bassa intensità utilizza come substrato preferenzialmente i lipidi; Man mano che aumenta l’intensità il Quoziente Respiratorio (QR) si sposta verso 1 e quindi l’utilizzazione quasi esclusiva dei carboidrati.

Quando si effettua un esercizio aerobico a bassa intensità, il consumo di ossigeno sale in modo esponenziale nei primi minuti di attività. Dopo 3-4 minuti il consumo di ossigeno si stabilizza raggiungendo lo stato di steady state.

In questa fase c’è equilibrio tra ATP usata ed ATP resintetizzata e quindi non c’è accumulo di acido lattico la cui eventuale formazione è subito riconvertita in glicogeno nel fegato. Prima della fase di steady state c’è uno sbilancio nell’uso di ossigeno rispetto al suo reintegro dovuto ai tempi di adattamento dell’organismo alle nuove richieste di energia. Immediatamente dopo l’esercizio il consumo di ossigeno rimane elevato per un certo periodo consentendo all’organismo di ripristinare le riserve, essenzialmente dei fosfati inorganici, utilizzate durante le fasi iniziali del lavoro. Tale permanere di un’elevazione del consumo di ossigeno viene chiamata debito d’ossigeno. Per un esercizio leggero il debito di ossigeno è pagato con reazioni metaboliche ossidative che si verificano in breve tempo.

Per esercizi intensi, invece, questo avviene molto più lentamente, entro le 16-19 ore. Dopo un lavoro di tipo esaustivo, parte del consumo di ossigeno del recupero va perso per la resintesi di ATP e CP e per la gluconeogenesi. Questo meccanismo è attivo anche durante l’esercizio ed è migliorabile con l’allenamento (MacRae 1992), anche se la principale via di resintesi è basata sull’assunzione di carboidrati dalla dieta.

L’andamento del consumo di ossigeno durante il recupero mostra due importanti caratteristiche:

Se l’esercizio è leggero, quindi essenzialmente aerobico e di breve durata (presumibilmente in questo caso non vi è un consistente aumento della temperatura corporea e una variazione dell’assetto ormonale), circa il 50% del debito di ossigeno è pagato in 30 secondi, e il debito si annulla Si parla in questo caso di componente rapida nel pagamento del debito di ossigeno (Poehlman 2002).

 Il recupero da un lavoro intenso presenta un quadro diverso, che si correla al fatto che vi è stato un considerevole aumento della temperatura corporea, della concentrazione del lattato e una forte modificazione dell’assetto ormonale; si parla in questo caso di componente lenta nel ritorno del consumo di ossigeno verso il valore basale.

Diversi ricercatori hanno riscontrato che, in funzione dell’intensità e della durata dell’attività fisica, questa fase può prolungarsi fino a 24 ore prima che si ritorni al consumo di ossigeno basale.
 

Fino agli anni Ottanta la definizione di “debito di ossigeno” non è mai stata messa in discussione. Ma, grazie ad uno studio di Gaessere e Brooks nel 1984, è stata introdotta la dicitura di “eccesso di consumo di ossigeno post-esercizio” o EPOC (dall’inglese Excess Postexercise Oxigen Consumption). 

Benedict e Carpenter nel 1910 utilizzarono il calorimetro umano per misurare il costo del metabolismo a riposo dopo un intenso esercizio fisico in due soggetti adulti e sani. Nelle 7-13 ore seguenti l’attività, venne registrato un aumento di addirittura l’11,1% della spesa calorica. 

Herxheimer e i suoi collaboratori, nel 1926, notarono che la VO2 di cinque soggetti non allenati non tornava ai valori basali fino a 36-48 ore dopo un esercizio.



Per molti anni sulla curva dell’EPOC sono state descritte due componenti distinte: una iniziale veloce e una secondaria più lenta. Secondo le teorie classiche, la componente veloce rappresenterebbe l’ossigeno richiesto per ricostituire le riserve di ATP E PC utilizzate durante l’esercizio, specialmente nella fase iniziale. Infatti, senza O2 sufficiente, i legami dei fosfati altamente energetici vengono rotti per supplire alla richiesta di energia. Durante il riposo, questi legami avrebbero bisogno di essere riformati, attraverso i processi ossidativi, per rimpinguare le riserve di energia. La componente lenta della curva, invece, si pensava risultasse dalla rimozione dai tessuti del lattato accumulato, sia convertendolo in glicogeno sia ossidandolo in CO2 e H2O, in modo da fornire l’energia necessaria per ripristinare le scorte di glicogeno. Con questa teoria, sia la componente veloce che quella lenta della curva dell’EPOC erano ritenute un riflesso del metabolismo aerobico intervenuto durante l’esercizio. 

Si credeva che, quantificando il consumo di ossigeno post-esercizio, si potesse stimare la spesa aerobica. Tuttavia, studi più recenti dimostrano che questa spiegazione classica dell’EPOC è troppo semplicistica. Per esempio, durante la prima fase dell’esercizio, una piccola quantità di ossigeno è “presa in prestito” dalle scorte dell’ossigeno stesso (emoglobina e mioglobina). Questa quantità deve essere recuperata nella fase di riposo. Inoltre, il ritmo respiratorio rimane elevato temporaneamente dopo la fine dell’esercizio, in parte a causa della rimozione di CO2 che si è accumulata nei tessuti come prodotto di scarto del metabolismo. Anche la temperatura corporea rimane elevata, e di conseguenza aumentano il metabolismo e il ritmo respiratorio; inoltre, anche i livelli elevati delle catecolamine durante l’esercizio hanno gli stessi effetti. Da un’analisi superficiale, quindi, si può vedere che sono coinvolti molti più processi rispetto a quanti alludono le teorie classiche. L’elevato consumo di ossigeno dipende da molti fattori, e non solo da quelli riguardanti la resintesi di ATP e Pc e la rimozione del lattato prodotto dal metabolismo aerobico.

L’eccesso di consumo di ossigeno post prestazionale si chiama EPOC (excess postexercise oxygen consumption) e le sue cause possono essere ricondotte a:

  • Resintesi di ATP
  • Resintesi di glicogeno da acido lattico (ciclo di Cori)
  • Ossidazione del lattato
  • Reossigenazione del sangue
  • Effetto termogenico legato all’aumento della T° corporea
  • Effetto termogenico determinato dagli ormoni catecolaminergici
Mantenimento di una FC e ventilazione elevata in corso di esercizio

Considerando i dati ricavati dagli studi presi in esame si può affermare che:

Nel caso di esercizi blandi (di intensità inferiore al 50% della VO2max e di durata inferiore ad 1 ora), l’EPOC si esaurisce nella mezz’ora successiva alla fine dell’attività; inoltre, il contributo dell’EPOC al totale consumo energetico è minimo.

Nel caso di esercizi di moderata intensità (vicina al 50% della VO2max e di durata superiore a 1 ora), l’EPOC si prolunga al massimo per un paio di ore, e il suo contributo alla spesa energetica totale è moderato. Sembra possibile che se aumentasse la durata dell’esercizio (da 2 a 4 ore) si potrebbe ottenere un EPOC più durevole anche a questa intensità di lavoro. 

Nel caso di esercizi strenui (di intensità pari o superiore al 70% della VO2max), si verifica un persistente incremento nel consumo di ossigeno durante il recupero, e questo contribuisce in modo significativo al totale consumo energetico. A questa intensità di lavoro, l’EPOC mostra una relazione lineare con la durata dell’esercizio, ed equivale approssimativamente al 15% dell’ossigeno totale consumato durante l’esercizio.




STUDI INTERESSANTI

In un recente studio, Thornton e Pottiger hanno esaminato gli effetti di due allenamenti con i pesi ad alta e bassa intensità ma di simile quantità di lavoro sull’EPOC. I periodi di attività consistevano in due sets di 9 esercizi. Nella sezione ad alta intensità i soggetti eseguivano 8 ripetizioni all’85%, nella sessione a bassa intensità eseguivano 15 ripetizioni al 45%. Entrambe le sessioni prevedevano 2 minuti di recupero fra i sets. Il tempo impiegato dai soggetti per concludere la sessione ad alta intensità è stato 23 minuti, mentre 26 minuti sono stati impiegati per completare l’altra. La VO2 è stata misurata tra 0-20, 45-60 e 105-120 minuti dopo l’esercizio. Il valore dell’EPOC era maggiore dopo la sessione ad alta intensità rispetto a quella a bassa intensità durante ogni periodo di misurazione (Thornton 2002). 



Elliot ed i suoi collaboratori misero a confronto un esercizio aerobico sulla bike (40 minuti all’80% della VO2max), con un allenamento con i pesi a circuito (4 sets, 8 esercizi, 15 ripetizioni al 50% di 1RM) e con un intenso allenamento con i pesi (3 sets, 8 esercizi, esaurimento all’80-90% di 1RM). Trovarono che l’ultima sessione di esercizi dava il valore più alto di EPOC. Anche se non vennero riportati i volumi di lavoro dell’esercizio, i ricercatori di questo studio ipotizzarono che la quantità della massa muscolare implicata nel lavoro fosse l’importante variabile che causava il valore più alto di EPOC.
 


Laforgia et al. compararono l’EPOC misurato dopo un esercizio sovramassimale (20 x 1 minuto di corsa al 105% della VO2max intervallati da 2 minuti di recupero) all’EPOC misurato dopo una corsa sotto massimale (30 minuti al 70% della VO2max). Rilevarono che l’EPOC misurato dopo l’esercizio sovramassimale si prolungava per 9 ore in più rispetto a quello successivo all’esercizio sottomassimale (Laforgia 1997).

Bahr ed i suoi collaboratori trovarono che la somma di periodi intermittenti di esercizi sovramassimali che portavano all’esaurimento (1, 2 o 3 periodi di 2 minuti alla bike al 108% della VO2max, separati da 3 minuti di recupero) aumentava la spesa energetica post-esercizio per 4 ore (Bahr 1992). 



Di estremo interessa il lavoro di Schuenke 2002; che ha dimostrato come un lavoro con i sovraccarichi (10 reps 4 set per 3 esercizi) aumentava l’EPOC nelle 38h post esercizio, ben più delle 16h prima riportate in letteratura (Melby 1993, Osterburg 2000).

Ecco due tabelle di allenamento che sfruttano l'EPOC allo scopo di dimagrire !!





lunedì 21 gennaio 2013

CORSO DI EDUCATORE POSTURALE

Cagliari 02/03 Febbraio 2013 corso di educatore posturale. Durata 4 we docenti Dr. Luca Franzon, Dr. Pacelli Francesco, Dr. Mastromauro Rino.

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COME CORREGGERE L'IPERLORDOSI LOMBARE


Essere fitness, significa anche avere una buona postura. La postura viene definita, come la posizione del corpo nell' insieme o di parti di esso, nelle diverse condizioni statiche o dinamiche. Il soggetto ha una buona postura, quando, raggiunge uno stato di equilibrio, che protegge le strutture portanti del corpo da una lesione o da una deformità progressiva. Il soggetto ha una cattiva postura, quando la relazione delle varie parti del corpo è scorretta.

Il rachide è una struttura molto particolare. Esso, deve conciliare allo stesso tempo, diverse funzioni, tutte di fondamentale importanza, ma fra di loro molto differenti. La colonna vertebrale deve presentarsi come una struttura in grado di sopportare il peso del corpo, di proteggere il midollo spinale e allo stesso tempo deve presentarsi, come una struttura mobile per assecondare tutti quelli che sono i movimenti che essa compie nella vita di tutti i giorni e nella pratica sportiva.
Il rachide è formato dalla sovrapposizione di ossa ossa dette vertebre. Le vertebre fanno parte  delle ossa corte, caratterizzate dal fatto di avere:  larghezza, lunghezza e spessore molto simili. Di solito sono costituite da osso spugnoso racchiuso in da un sottile strato di osso compatto. Le vertebre sovrapposte un’altra separate dal disco intervertebrale e articolate fra di loro formano lo scheletro assile del tronco. Il rachide è composto da 34-35 vertebre così divise:

  • 7 vertebre cervicali
  • 12 vertebre dorsali
  • 5 vertebre lombari
  • 5 vertebre sacrali (fuse fra di loro a formare l’osso sacro)
  • 4-5 vertebre coccigee (fuse fra di loro a formare il coccige)

La colonna vertebrale sarà suddivisa in zona cervicale, zona dorsale, zona lombare e zona sacro-coccigea.

 Una lordosi è una curva fisiologica del rachide la cui concavità guarda posteriormente. Nel momento in cui l’ampiezza della curva si presenta con un valore molto elevato allora si può parlare d’iperlordosi. Siccome la lordosi lombare è in rapporto con l’osso sacro e quest’ultimo è in rapporto con il bacino, sarà fondamentale capire come funziona il bacino in statica e in dinamica in modo da poter capire quelli che sono i compensi della zona lombare. A tale riguardo si deve tenere in considerazione che il bacino è influenzato in maniera molto importante dagli arti inferiori. Quando ci si troverà davanti ad un problema alla zona lombare, iperlordosi o appiattimento della curva, uno sguardo agli arti inferiori sarà doveroso. Il bacino è una struttura su cui vanno a inserirsi svariati muscoli che originano sia dal tronco sia dagli arti inferiori. Le masse muscolari che prendono inserzione sul bacino sono artefici dei movimenti dello stesso. Tali movimenti avvengono attorno ad un fulcro ben preciso, ovvero attorno alla cavità acetabolare. I movimenti che andranno a incidere sul rachide sono l’antiversione e la retroversione. I muscoli flessori del busto e gli estensori delle cosce tendono a ruotare il bacino in retroversione (rotazione in senso antiorario rispetto alla figura), quindi hanno un'azione delordosizzante per la colonna lombare. I muscoli estensori del busto e i flessori delle cosce tendono a far ruotare il bacino in anteroversione (rotazione in senso orario rispetto alla figura), quindi hanno un'azione lordosizzante per la colonna lombare.



L’iperlordosi può avere cause scatenanti diverse fra le quali spiccano:
  • Emivertebra ventrale: vertebra in cui la parte anteriore è più alta della parte posteriore
  • Sacro acuto: quando l’angolo lombo-sacrale tende a diminuire e si avvician all’angolo acuto, l’angolo lombo-lombare tende ad aumentare, il piatto sacrale tende ad orizzontalizzarsi. Come compenso si ha, quasi sempre, un raddrizzamento della lordosi lombare  e della cifosi dorsale, meno frequentemente un accentuazione delle stess.
  • Sacro arcuato: quando sia l’angolo lombo-sacrale che quello lombo-lombare tendono entrambi ad aumentare, le vertebre sacrali inferiori si inclinano verso il basso, quelle superiori verso l’alto e il piatto sacrale tende a spostarsi verticalmente.
  • La spondilolistesi lombare rappresenta una condizione di instabilità vertebrale, ossia lo scivolamento di una vertebra sull'altra. Le vertebre comunemente interessate cono L5 ed S1 (95% dei casi), più raramente i livelli superiori. Presuppone un trauma o una "lassità" osteo articolare con mobilità anomala delle vertebre, e può peggiorare nel tempo. L'usura" (microtraumi) determinano uno stress dell’istmo, che può fratturarsi, ed infine cicatrizzarsi per effetto della crescita di tessuto fibroso, che lascia scivolare L5 su S1. Ne risulta alla fine un "cattivo" allineamento della colonna vertebrale, con la vertebra L5 che scivola sul sacro e causa la spondiloliestesi. La spondilolistesi può essere "graduata", usualmente da seconda della percentuale di scivolamento (dal 25 al 75% ed oltre). 1° grado 0-25%, 2° grado 25-50%, 3° grado 50-75%,  4° grado >75%
  • Utilizzo di tacchi troppo alti.
Si può cercare di risolvere la problematica dell’anteroversione del bacino seguendo vari modi fra i quali:
  • Legge della plasticità muscolare, giocando quindi su contrazioni complete e allungamenti incompleti dei muscoli retroversori e viceversa degli anteroversori,
  • Potenziamento classico soprattutto a livello dei muscoli che favoriscono la retroversione del bacino ed esercizi di allungamento dei muscoli che favoriscono l’anteroversione dello stesso.
Ecco una tabella di allenamento utile ai soggetti iperlordotici.


domenica 20 gennaio 2013

I 5 TIBETANI ELISIR DI LUNGA VITA.....



Il rito dei Cinque Tibetani  è stato diffuso in Occidente intorno al 1939, anno della pubblicazione del primo testo, scritto da Peter Kelder ; un racconto affascinante che narra proprio la ricerca in Tibet, da parte di un ufficiale dell’esercito britannico , del “ segreto della Fonte della Giovinezza”. Durante la sua permanenza nei favolosi altopiani tibetani, un giorno egli riuscì finalmente a trovare il monastero che secondo la leggenda, custodiva il segreto.

Inizio’ per lui una miracolosa trasformazione nell’aspetto, nell’anima, nella mente, a tal punto che un giorno specchiandosi non si riconobbe, vedendo appunto riflessa un’immagine molto più giovanile.
Di ritorno in Occidente, il colonnello riferì a Kelder i particolari della Fonte della Giovinezza e i   riti che quotidianamente accompagnavano la vita dei monaci tibetani. Dobbiamo ringraziare proprio questo scrittore se ha deciso di diffondere e tutti noi questo elisir di lunga vita. Prima di affrontare lo studio dei cinque esercizi dobbiamo, seppur in modo superficiale, porre l’attenzione su aspetti fondamentali legati appunto ai RITI.

In Sanscrito, PRANA  significa “ energia primordiale”. In altre lingue ( cinese, giapponese) essa viene chiamata Chi o Qi .Ognuno di noi assorbe questa energia dall’aria ma con modalità diverse. Attraverso una serie di canali ( meridiani) e di centri  presenti nel corpo fisico ( chakra), l’energia si trasmette e si trasforma permettendo allo stesso di funzionare ,  svilupparsi , e operar uno scambio con altre forze presenti nell’universo. Pensiamo proprio alla fotografia Kirlian, la quale ci rivela come il corpo sia circondato di un’invisibile AURA o campo elettrico, facendoci pensare  che tutti noi veniamo nutriti da una qualche forma di energia che permea l’universo. Interessante notare che l’aura Kirlian di un giovane sano è molto diversa da quella di un anziano malato.

L’enegia vitale che permea l’universo è materia intorno alla quale ruotano da millenni religioni e tradizioni antichissime soprattutto orientali. Già da  molti decenni comunque , il senso del sacro  , basato  sul Prana , si è diffuso significativamente in occidente portando contributi importanti e fornendo risposte alle domande che,  individui di tutto il mondo, si pongono da sempre. Filosofie orientali ci dicono che energie vitali ed invisibili  sono all’origine di tutte le cose e ne costituiscono il progetto; a noi è dato sapere  non solo della loro esistenza, ma anche come imparare a conoscere le leggi del loro fluire. Esistono modi per rafforzare il fiume di energia che circola intorno e dentro al corpo fisico cosi che tutta la struttura ne risulti ringiovanita. Grandi maestri e monaci hanno dedicato tutta la loro esistenza a sviluppare la capacità di guidare e dirigere queste correnti che nutrono le ghiandole endocrine , i grandi e piccoli organi del nostro corpo.

Da migliaia di anni i mistici orientali affermano che il corpo possiede sette centri energetici principali, dei veri e propri “ vortici” . Gli indù li chiamano Chakra ( dal sanscrito “ disco o ruota,), punti di intersezione o contatto tra corpo e mente, dimensione fisica e spirituale. Sono campi elettrici potenti, invisibili ma reali. Ciascuno dei sette vortici trova il suo centro in una delle sette ghiandole endocrine, ed ha la funzione di stimolare la produzione ormonale della ghiandola. Sono appunto gli ormoni che regolano le funzioni del corpo, compreso il processo di invecchiamento.

Il sette è considerato come un numero sacro: sette furono i giorni necessari alla creazione, sette i giorni della settimana, sette le note musicali, sette i sacramenti nella religione cristiana, sette i livelli orizzontali dell’albero cabalistico della vita, sette i chakra. Non c’è religione o cultura che non dia a questo numero un valore sacro.
.
  • Il primo vortice, o CHAKRA DELLA BASE,  è localizzato alla base della colonna vertebrale e associato alle ghiandole surrenali.
  • Il secondo, o CHAKRA DELLA CROCE, ha sede nella parte inferiore dell’addome , in corrispondenza degli organi riproduttivi, reni e vescica.
  • Il terzo, o CHAKRA DELL’OMBELICO, ha la sua collocazione nel plesso solare, due dita circa sopra l’ombelico, correlato al sistema digestivo.
  • Il quarto, o CHAKRA DEL CUORE, ha il centro nello sterno, al centro   petto o regione del cuore. E’ il centro dell’intero sistema .
  • Il quinto , o CHAKRA DEL COLLO O DELLA GOLA, è posto tra l’avvallamento del collo e la laringe, all’altezza della vertebra cervicale.
  • Il sesto, o CHAKRA DELLE SOPRACCIGLIA O TERZO OCCHIO, ha sede nel centro della fronte, collegato ad occhi, volto, naso, orecchie, SNC ed epifisi.
  • Il settimo, o CHAKRA DELLA CORONA, è localizzato al centro della sommità della testa, collegato con il cervello e la ghiandola pituitaria o ipofisi.



L’efficacia dei cinque tibetani risiede in una buona respirazione e nella pratica quotidiana, possibilmente alla stessa ora del giorno.


PRIMO ESERCIZIO

In stazione eretta, piedi leggermente divaricati. Abdurre le braccia sul piano frontale portandole parallele al pavimento. Concentrate lo sguardo su di un punto davanti a voi per evitare rischio di vertigini durante le rotazioni. Ruotate tutto il corpo da sx verso dx in senso orario. Avvicinate il palmo delle mani al viso concentrandovi sui pollici, poi ritornate lentamente alla posizione di partenza. Terminate l’esercizio posando prima le mani sul petto e poi sui fianchi. Inizialmente ripetere l’esercizio per tre volte, poi aggiungere di volta in volta un paio di ripetizioni, in modo da non avvertire nessun capogiro, per giungere fino ad un massimo di 21 rotazioni.


SECONDO ESERCIZIO

Sdraiatevi supini , sopra un tappeto o una superficie imbottita. Braccia lungo i fianchi , appoggiate i palmi delle mani al pavimento, con le dita unite. Sollevate contemporaneamente il capo da terra, verso il petto, e le gambe tese fino alla verticale. Schiena e bacino rimangono rimangono a contatto con il suolo. Inspirare durante la flessione ed espirare nella distensione. Se risulta difficile, piegare le ginocchia durante i movimenti.

TERZO ESERCIZIO

In ginocchio sul tappeto, gambe divaricate sulla linea del bacino, corpo eretto, flettete le dita dei piedi.Appoggiate le mani sui glutei come se volesse sostenerli. Subito dopo inclinate il capo e il collo in avanti, ripiegando il mento sul petto. Inspirate, afferrando i glutei con le mani, e inclinate dolcemente il capo piegandovi all’indietro, inarcando nello stesso momento la colonna vertebrale.
Espirando, tornate alla posizione iniziale. Ripetere l’esercizio lo stesso numero di volte degli esercizi precedenti. Alla fine della serie, cadete dolcemente in posizione fetale ( bambino).



QUARTO ESERCIZIO

Sedetevi a terra gambe distese divaricate di circa 30cm. Palmi delle mani appoggiati al pavimento di fianco ai glutei. Busto ben eretto , mento piegato sul petto. Portate il capo indietro e sollevate il corpo in modo che le ginocchia si pieghino, mentre le gambe restano tese, così da formare una linea retta con il busto. Fate iniziare il sollevamento dal bacino, così  da non piegare le gambe prima che il corpo sia sollevato dal pavimento.


QUINTO ESERCIZIO

Sdraiatevi sul tappetino in posizione prona, dita dei piedi flesse e mani appoggiate a terra vicino al petto. Fronte al pavimento. Sollevatevi sui palmi delle mani e sulle punte dei piedi. Inclinate il capo all’indietro, dolcemente, il più possibile. Inspirando, piegatevi all’altezza dei fianchi sollevando i glutei, facendo assumere al corpo la forma di una V capovolta. Contemporaneamente portate in avanti il mento sul petto. Espirando tornare alla posizione di partenza nella quale solo piedi e mani devono toccare al suolo.


“VI HO INSEGNATO CINQUE RITI CHE SI PROPONGONO DI RESTITUIRE LA SALUTE DELLA GIOVINEZZA E LA VITALITA’.VI AIUTERANNO INOLTRE A RIACQUISTARE UN ASPETTO PIU’ GIOVANE. MA SE VOLETE RECUPERARE COMPLETAMENTE LA SALUTE E L’ASPETTO DELLA GIOVINEZZA, DOVETE EFFETTUARE UN SESTO RITO…DEL QUALE VI PARLERO’ NON PRIMA CHE ABBIATE OTTENUTO BUONI RISULTATI CON GLI ALTRI CINQUE.”                                      
Peter Kelder






sabato 19 gennaio 2013

A PROPOSITO DI VEGETARIANI

Condivido questa interessante notizia GJAV è la prima linea di integratori alcalinizzanti, per sportivi, ad avere ottenuto il riconoscimento della Vegan Society.


Per maggiori info date un'occhiata all'ottimo sito del mio amico Jacopo: www.gjav.com

COME ESSERE FITNESS E VEGETARIANE...!!



Per dieta vegetariana si intende un tipo di alimentazione che esclude rigorosamente il consumo di carne e dei suoi derivati. Le scelte che portano un soggetto a diventare vegetariano, spesso si basano
su principi filosofici, religiosi o salutistici: Le principali diete vegetariane sono quindi classificabili in:

  • Dieta Vegetariana: esclude qualsiasi prodotto animale comprese le uova e il latte;
  • Dieta Vegan o Vegetaliana: oltre ad escludere gli stessi prodotti della dieta vegetariana, esclude anche tutti gli alimenti non prodotti in modo naturale e biologico;
  • Dieta latto-ovo vegetariana: esclude la carne, il pesce, il pollame, ma non le uova, il latte e i latticini;
  • Dieta latto-vegetariana: simile alla precedente, ma esclude anche il consumo di uova;
  • Dieta fruttariana: questo tipo di dieta si limita al consumo di frutta fresca e secca.

Onde evitare di incorrere in carenze alimentari o di consumare pasti sbilanciati a livello di apporto di
sostanze nutritive, la dieta vegetariana deve essere fatta in modo molto preciso, pena, squilibri alimentari importanti nocivi alla salute. I regimi dietetici vegetariani, vegetariani e fruttariani, fondati sull’assunzione di prodotti vegetali possono presentare il problema di apportare uno scarso quantitativo di proteine  giornaliero. Per ovviare a questo problema è opportuno introdurre nell’alimentazione integratori alimentari, farina di castagne o di banane, semi proteici anche sottoforma di creme dolci, chicchi di cereali, e legumi germogliati. Inoltre è fondamentale abbinare in maniera corretta le proteine vegetali in modo da non causare deficit degli aminoacidi essenziali, indispensabili per formare nuove strutture proteiche.
 

La tabella sottostante indica le carenze aminoacidiche di alcuni alimenti vegetali e come integrare con altri vegetali per non creare deficit nutrizionali.




Nell’antica grecia si dava carne di lepre ai corridori e carne di toro ai lottatori, creando il mito delle proteine animali negli sportivi. Si può essere sportivi anche se si è vegetariani ?

Il più famoso atelta della storia vegetariano è Carl Lewis 10 mediagli olimpiche di cui 9 d’oro !!! Lewis ha dichiarato “è un mito che i muscoli, forza e resitenza richiedono il consumo di grandi quantità di alimenti di origine animale. Questo mito ha cominciato a circolare ancora prima che qualcuno parlasse di proteine. il tuo corpo è il tuo tempio. Se lo nutri correttamente starà bene ed aumenterà la longevità”.
 Quindi anche un vegetariano può raggiungere elevatissimi livelli di performance sportiva.

Le critiche che maggiormente vengono fatte all’alimentazione vegetariana sono:
  • I vegetali non possiedono tutti gli aminoacidi essenziali e hanno un valore biologico decisamente inferiore rispetto a quelle di origine animale;
  • I vegetali sono poco biodisponibili di minerali come ferro, calcio, magnesio, zinco, selenio e vitamine soprattutto la vitamina B12. I rischi maggiori di tali carenze si corrono in periodi particolari come la gravidanza, l’allattamento, l’infanzia e l’adolescenza quando il fabbisogno di queste sostanze è maggiore. 
  • L’assorbimento di questi microelementi è ulteriormente limitato dalle fibre vegetali. Soprattutto il ferro di origine vegetale si dimostra molto poco biodisponibile, per cui occorre migliorarne l’assorbimento con alimenti ricchi di vitamina C.
Gli studi su un migliore stato di salute dei vegetariani rispetto a soggetti che seguono un’alimentazione tradizionale non sono conclusivi, in quanto nella maggior parte dei casi i vegetariani oltre a seguire un particolare regime alimentare pongono maggiore attenzione di altri allo stato generale di salute e si astengono da fumo e alcol.

I vantaggi di un alimentazione vegetariana sono:
  • è un alimentazione che favorisce la disintossicazione di fegato e reni riducendo allo stesso il tempo il carico di lavoro che richiede una dieta con proteine animali;
  • introduzione di alti quantitativi di alimenti ad elevata azione antiossidante e protettiva .
  • minor tasso di mortalità per malattie cardiovascolari
  • minori livelli di colesterolo
  • minor tasso di mortalità per patologie tumorali
  • pressione sanguigna più bassa
  • valori di BMI inferiori e minore esposizione al rischio di obesità e alle patologie correlate.

Ecco un esempio di dieta vegetariana per chi pratica fitness. Nel caso voleste provare questa alimentazione, chiedere sempre al proprio medico un parere in modo che se presentate patologie o disturbi vari vi possa dare il via libera o meno alla pratica di questo tipo di alimentazione. Nella scelta degli alimenti può essere interessante seguire la piramide alimentare del vegetariano.



COLAZIONE

THE + 10/15 FRUTTOSIO
oppure
1 bicchiere di SUCCO DI FRUTTA AL NATURALE
OPPURE
1 bicchiere di  LATTE DI SOIA
30/40 GR FETTE BISCOTTATE O WASA O GALLETTE+20 MIELE O MARMELLATA SENZA ZUCCHERO
oppure
30/40 GR DI BISCOTTI SECCHI SENZA ZUCCHERO AGGIUNTO

META' MATTINA

125 YOGURT DI SOIA + 1 PACCHETTO CRAKERS
oppure
150 DI FRUTTA O SPREMUTA + 1 PACCHETTO CRAKERS
oppure
UN PACCHETTO DI CRAKERS + 1 frutto
Oppure
UNA MOUSSE MAGRA VALSOIA

PRANZO

60/70 PASTA (anche di Farro o Kamut) O RISO
OPPURE 50% PASTA + 50% LEGUMI)
VERDURE MISTE (Possibilmente crude) + 20 OLIO al 50% OLIVA e 50% lino o girasole

META' POMERIGGIO

125 YOGURT DI SOIA + 1 PACCHETTO CRAKERS
oppure
150 DI FRUTTA O SPREMUTA + 1 PACCHETTO CRAKERS
oppure
UN PACCHETTO DI CRAKERS + 1 frutto
Oppure
UNA MOUSSE MAGRA VALSOIA

CENA

150/200 DI TOFU O SEITAN (O ALTRI PREPARATI A BASE DI SOIA)
oppure
100 gr MIX DI LEGUMI (CECI, SOIA, LENTICCHIE)
Oppure
MINESTRONI O ZUPPE CON LEGUMI E CEREALI (ORZO, FARRO)
SEMPRE: VERDURA MISTA + 20 GR mix OLIO
25/30 GR WASA O GALLETTE O PANE AZIMO

SE GRADITE USARE NOCI O NOCCIOLE O MANDORLE O ARACHIDI o altri semi sia negli spuntini che nei pasti principali

Se si vuole alzare la quota proteica si possono inserire degli integratori a base di proteine in polvere della soia e nei vegetariani che accettano uovo e latte anche di derivat di questi due alimenti. Interessante l’assunzione di un integratore multivitaminico per colmare eventuali carenze causate dal regime alimentare vegetariano.

Non dimentichiamoci che il forse più potente animale presente in natura il gorilla è vegetariano e sicuramente non si presenta scarso di muscolatura....




mercoledì 16 gennaio 2013

COSA MANGIARE FUORI CASA PER RIMANERE O RIMETTERSI IN PIENA FORMA FISICA !!!




Spesso si sente dire che il fitness può essere rappresentato da un triangolo equilatero, dove ogni lato corrisponde ad una variante fondamentale del fitness. Un lato rappresenta l’allenamento, un lato rappresenta il recupero e un lato rappresenta l’alimentazione. Essendo il triangolo equilatero, ovviamente all’aumentare o al diminuire di uno dei late anche gli altri devono seguire la stessa direzione per non sbilanciare il triangolo e quindi creare problemi nel raggiungimeto degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Questo post è dedicato al lato alimentare, che a mio avviso è fondamentale e forse copre più di un lato del triangolo.

Qualunque sia il vostro obiettivo: dimagrire, mantenere il peso forma, incrementare la massa muscolare, aumentare una performance sportiva, dovrete comunque fare i conti con la dieta!

"Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo." “Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico,  né in eccesso né in difetto, avremmo trovato    la strada per la salute.” Queste due importanti frasi dette da Ippocrate fanno capire quanto cibo e attività fisica siano fondamentali.

Una coretta alimentazione è fondamentale nel preservare una buona salute, per aumentare al performance sportiva e per modificare la propria composizione corporea. Le principali regole di una corretta nutrizione sono ormai risapute: privilegiare cibi sani e nutrienti, non eccedere nelle quantità, assicurarsi di ingerire quotidianamente un’adeguata quantità di calorie e di nutrienti, non saltare i pasti per poi abbuffarsi in un’unica occasione, suddividere l’apporto alimentare giornaliero in tanti piccoli pasti e spuntini assunti ad intervalli regolari.


Leggendo queste righe sembra tutto facile, e viene voglia di dire la famosa frase “DA DOMANI MI METTO A DIETA !!!”. Spesso le diete falliscono a cause dei ritmi pressanti che ognuno di noi deve sostenere ogni giorno. Orari di lavoro, spostamenti del traffico, impegni familiari, riducono il tempo a nostra disposizione al minimo e spesso ci impediscono di poter fare pasti adeguati.
Questo comporta che i soggetti presi dalla velocità si trovano a bere un caffè a colazione, a mangiare qualcosa al volo a pranzo e alla sera ovviamente sopraffatti dalla fame si abbuffano di ogni cosa appena arrivati a casa, proseguendo poi davanti alla TV.

Ovviamente facendo così il triangolo del fitness si squilibria, le performance sportive si riducono e la composizione corporea varia a favore della massa grassa. Questi effetti a breve termine sono i presupposti per avere effetti ben più deleteri a lungo termine quali: ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, obesità, patologie cardiovascolari, diabete, ecc..

Alimentarsi correttamente è dunque di fondamentale importanza tanto per gli sportivi quanto per i non sportivi, soprattutto nella nostra epoca dove l’ipocinesia è diventata fattore comune a tal punto che spesso i soggetti prendono l’ascensore pur di fare un piano di scale, oppure utilizzano l’auto anche per brevissimi spostamenti. I nostri antenati in epoca presitorica si presume percoressero circa 14 Km al giorno.

Sorge spontanea la domanda a questo punto: Come fare ad alimentarsi correttamente quando si è oppressi d orari di lavoro e dai continui spostamenti giornalieri altamente stressanti?

Diventa fondamentale organizzarsi, trovando alimenti che siano accattivanti, facilmente trasportabili, veloci da assumere, che si conservino a temperatura ambiente e che nel contempo siano validi dal punto di vista nutrizionale. Escludiamo dunque tutte le varie merendine, patatine, salatini, dolciumi, tanto ricchi di calorie quanto poveri di nutrienti essenziali e cerchiamo qualcosa di più adeguato per nutrirci in modo salubre. Ecco di seguito alcuni esempi:

Cibi apportatori di carboidrati

Frutta: molti sono i frutti che possono essere portati con sé agevolmente, che si conservano a lungo a temperatura ambiente e che possono essere assunti anche quando si ha poco tempo a disposizione: mele, pere, arance, mandarini e mandaranci, albicocche, banane, ecc. È vero che alcuni frutti non rientrano nella categoria di quelli adatti ad uno spuntino “al volo” perché devono essere sbucciati e curati o perché sono difficili da mangiare senza sporcarsi le mani e macchiare gli indumenti (es. melone, anguria, kiwi, ecc.), ma rimane comunque l’imbarazzo della scelta fra tutti gli altri. La maggior parte della frutta citata apporta dai 7 ai 12 g di carboidrati per 100 g di prodotto, il che significa da 30 a 50 calorie circa. Abbiamo quindi a che fare con alimenti in grado di saziare senza incrementare eccessivamente l’apporto calorico giornaliero. Teniamo presente che un sacchetto di patatine di 50 g fornisce circa 300 calorie, l’equivalente di 600 g di mele!
Fette Wasa: sono fette sottili e croccanti di forma rettangolare, essenzialmente a base di farina di segale integrale, ma a seconda del tipo possono annoverare fra gli ingredienti anche crusca di grano, semi di sesamo, fiocchi di avena. Sono ricche di fibra e povere di grassi e di sodio. Una fetta pesa circa 10 g e contiene 1-2,5 g di fibra e solo 5-5,5 g di carboidrati, per un totale di 30 calorie circa. Possono essere un ottimo sostituto del pane e si accompagnano bene con dell’affettato o del formaggio magro.
Gallette di riso, mais, farro o kamut soffiati: sono cialde mediamente rotonde, leggere e croccanti, spesso a base di ingredienti provenienti da agricoltura biologica e possono essere salate o senza sale. Sono povere di grassi, contengono meno fibra rispetto alle fette Wasa ed il loro indice glicemico è decisamente più elevato, ma sono talmente leggere che il contenuto di carboidrati per cialda risulta relativamente basso. Una cialda pesa in media 8 g e contiene 5-6 g di carboidrati, per un totale di 30 calorie circa. Anche queste possono essere prese in considerazione come sostituto del pane.
Crackers poveri di grassi: mentre la maggior parte dei crackers, oltre ad essere ricchi di sodio, sono prodotti utilizzando grassi idrogenati ed insalubri, alcune aziende ne producono di poco salati e con pochi o addirittura zero grassi aggiunti. I “Magretti” della Galbusera, ad esempio, sono privi di grassi aggiunti, mentre gli “Oliva” della stessa ditta sono prodotti utilizzando unicamente olio extravergine di oliva. Anche la Misura commercializza dei crackers poveri di grassi e ricchi di fibra. Teniamo comunque presente che un pacchetto di crackers, seppur senza grassi, pesa in media 30 g e ne contiene circa 25-27 di carboidrati ed apporta circa 100-120 calorie.

Cibi proteici

Il principale problema connesso agli alimenti ricchi di proteine è che pochi di essi si conservano agevolmente a temperatura ambiente e sono dunque spesso difficili da trasportare e scomodi da ingerire. Vediamo quali sono le possibili opzioni.
Proteine in polvere: rappresentano indubbiamente il modo più comodo per assumere una apprezzabile quantità di proteine di elevata qualità anche quando si è fuori casa, e senza ingerire nel contempo grossi quantitativi di grassi o carboidrati. È sufficiente portare con sé uno shaker contenente la polvere proteica ed al momento del bisogno aggiungere acqua ed agitare il tutto. È logicamente necessario scegliere una polvere proteica di qualità, povera di grassi e carboidrati. Per gli spuntini si rivelano ottime le proteine totali del latte, le caseine oppure i prodotti a base di proteine del latte e dell’albume d’uovo (le cosiddette “milk & egg”). Una dose media di polvere proteica è di circa 20-30 g ed apporta una quantità di proteine equivalente a circa 100-120 g di carne e circa 80-120 calorie.
Affettati magri: alcuni affettati magri come la bresaola, il prosciutto crudo (sgrassato) e la fesa di tacchino sono particolarmente ricchi di proteine e poveri di grassi. Essi vanno però conservati a temperature relativamente basse e non sono perciò l’ideale da portare con sé nel periodo estivo. Quando la temperatura esterna non è però particolarmente elevata il loro utilizzo è possibile, soprattutto se si opta per i prodotti già affettati e confezionati sottovuoto. Il contenuto proteico di 100 g di affettato magro varia dai 18 g della fesa di tacchino ai 33 g della bresaola, mentre la quantità di lipidi si assesta attorno ad 1-2 g, per un totale di 100-130 calorie.
Tonno e salmone in scatola: il grosso vantaggio di questi alimenti risiede nel fatto che si conservano perfettamente a temperatura ambiente per lunghi periodi. Lo svantaggio risiede però nel fatto che il loro utilizzo può risultare scomodo in quanto è necessario essere dotati di almeno una forchetta per poterli mangiare. I prodotti sott’olio possono inoltre macchiare, mentre quelli “al naturale” devono comunque essere sgocciolati e spesso risultano “stopposi” e difficili da inghiottire. Una buona soluzione è rappresentata dal tonno in gelatina vegetale della Rizzoli. Questo prodotto è caratterizzato dal fatto che non deve essere sgocciolato prima di essere utilizzato ed oltre ad avere un sapore particolarmente gradevole, risulta facile da inghiottire. 100 g di tonno al naturale od in gelatina forniscono mediamente 20-25 g di proteine e meno di 1 g di lipidi, per un totale di 80-100 calorie. 100 g di salmone  al naturale forniscono circa 20 g di proteine e 8-10 g di lipidi, per un totale di circa 150-170 calorie.
Carne in scatola: come per il tonno le carni in scatola si conservano perfettamente a temperatura ambiente per lunghi periodi. Essendo tali prodotti in gelatina a base di brodo vegetale sono anche relativamente comodi da utilizzare. Il problema risiede nel fatto che gran parte delle carni in scatola in commercio annovera fra gli ingredienti i cosiddetti esaltatori di sapidità quali i glutammati, ed è perciò consigliabile non abusarne. 100 g di carne in scatola tipo Manzotin o Simmenthal apportano circa 12 g di proteine e meno di 2 g di lipidi, per un totale di circa 70 calorie.
Yogurt magro: è caratterizzato da un contenuto quasi paritetico di proteine e carboidrati e da un basso apporto di grassi. Purtroppo si conserva in frigo ed è dunque possibile portarlo con sé solo se si conta di assumerlo entro breve tempo e se la temperatura dell’ambiente non è particolarmente elevata. 100 g di yogurt magro forniscono circa 4 g di proteine, 5 di carboidrati e meno di 1 g di grassi, per un totale di circa 45 calorie. Per chi non gradisse il sapore dello yogurt magro bianco, alcune aziende quale la Danone e la Müller producono degli ottimi yogurt magri alla frutta senza zucchero. In questi prodotti la percentuale di carboidrati risulta logicamente superiore rispetto allo yogurt bianco, assestandosi attorno al 7-8%, mentre 100 g di prodotto forniscono circa 55-60 calorie. 

Cibi apportatori di lipidi

Anche l’assunzione di una moderata quantità di lipidi, soprattutto i cosiddetti “grassi salubri” quali i monoinsaturi ed i polinsaturi, è fondamentale per una corretta nutrizione. Non si tratta certo della notevole quantità di grassi idrogenati e saturi contenuti nelle molteplici merendine, patatine e vari snack che abbondano negli scaffali dei supermercati e negli espositori dei bar. Mentre durante i pasti principali è sufficiente utilizzare olio extravergine di oliva crudo oppure olio di semi come condimento, negli spuntini può risultare utile introdurre qualche alimento contenente lipidi. È inoltre da notare come l’aggiunta di una moderata quantità di grassi ad un pasto a base di carboidrati e proteine sia in grado di abbassarne l’indice glicemico, con conseguenti effetti positivi per la salute, la prestazione ed il dimagrimento.   
Frutta secca: costituisce forse il modo più comodo per trasportare una fonte di lipidi di facile assunzione. Sono logicamente da escludere i prodotti tostati, salati e addizionati di grassi in favore della frutta secca al naturale quale mandorle, noci, nocciole, ecc. È bene tenere comunque presente che la frutta secca, seppur ricca di grassi salubri e di altri importanti nutrienti, costituisce una notevole fonte di calorie, e la quantità assunta in ogni occasione deve essere moderata. 100 g di mandorle, ad esempio, contengono circa 55 g di grassi, 20 g di proteine e 4 g di  carboidrati ed apportano circa 600 calorie.
Olive snocciolate: sono un’ottima fonte di grassi monoinsaturi. La ditta Saclà ad esempio le commercializza  anche in buste di pratico trasporto ed utilizzo. 100 g di olive contengono circa 15 g di grassi, 1,5 g di proteine, meno di 1 g di carboidrati e forniscono circa 140 calorie.
Avocado: poco conosciuto ed utilizzato in Italia l’avocado è di largo uso negli Stati Uniti, nei paesi tropicali e nell’America latina (probabilmente avrete avuto occasione di assaggiarlo come ingrediente base della salsa guacamole in qualche ristorante messicano). È povero in proteine e carboidrati e ricco di grassi monoinsaturi, sostanze antiossidanti (in particolare la vitamina E), vitamine del gruppo B e potassio. è interessante perché è possibile ridurlo in una sorta di crema che può essere spalmata o mischiata ad esempio al tonno al naturale fino ad ottenere una sorta di salsa tonnata all’avocado. 100 g di avocado apportano circa 23 g di lipidi, 4,4 g di proteine, 1,8 g di carboidrati, per un totale di 231 calorie.

Snack Completi - Barrette dietetiche: esiste in commercio una notevole varietà di barrette dietetiche, da quelle energetiche a quelle proteiche povere di carboidrati. Purtroppo però l’esigenza di creare un prodotto caratterizzato da un buon sapore, una discreta consistenza e lunghi tempi di conservazione non sempre si concilia con quella di creare un prodotto realmente dietetico. Ed ecco che molte barrette disponibili in commercio sono in realtà ricche di zuccheri semplici, di grassi non sempre salubri, di glicerolo e di proteine di bassa qualità. Molte barrette cosiddette “dietetiche” sono in realtà delle vere bombe caloriche; il consumatore inesperto finisce col farne un largo uso convinto di restare ligio alla dieta, e si ritrova invece ad ingerire quantità caloriche ben al di sopra del suo fabbisogno. Si suggerisce dunque di leggere attentamente le informazioni nutrizionali e gli ingredienti del prodotto per non incappare in spiacevoli inconvenienti.

Ringraziando l’amico Fabio Zonin per il materiale fornito per la stesura di questo post vi invito a visitare il suo sito internet ( www.fabstore.it ) dedicato agli integratori alimentari in modo da trovare ottime soluzioni per risolvere i problemi dei pasti fuori casa.