lunedì 30 settembre 2013

STEP...BIKE....CYCLETTE..TREADMILL....QUALE LA MIGLIORE PER DIMAGRIRE. PRO E CONTRO DELLE MACCHINE CARDIOFITNESS !!




Data la crescente richiesta, da parte degli utenti di dimagrire e dato i ritmi frenetici della vita quotidiana che non sempre permettono di poter frequentare una palestra regolarmente, le ditte produttrici di attrezzature aerobiche si stanno specializzando nel settore Home Fitness. La cyclette, il treadmill e lo step, sono diventati molto comuni e una larga percentuale di persone ne posseggono almeno uno nella propria abitazione. Obiettivo di questo capitolo è dare le linee guida per poter acquistare una macchina aerobica senza incorrere in spiacevoli inconvenienti e come utilizzarle a seconda dell’obiettivo da raggiungere.
Innanzi tutto dovrete decidere in che zona della casa, andrete a posizionare la macchina. Tenendo conto dello spazio necessario per montarla e smontarla e per usarla. La zona dovrà essere di vostro gradimento, ben illuminata, ben aerata, eventualmente climatizzata e con la possibilità di ascoltare musica o di poter guardare la televisione. Queste nozioni sono importanti dato che un allenamento cardiovascolare dura in media dai 20 ai 45 minuti. Il passo successivo è chiedersi se la macchina che si ha intenzione di acquistare, corrisponde agli obiettivi prefissati e se sviluppa un movimento gradito. Dato che lo spazio adibito a palestra nelle abitazioni è di solito piccolo non ci si può permettere di comprare una macchina che poi non si utilizzerà. Scegliere quindi un attrezzo su cui ci si allena volentieri. Non farsi ingannare da pubblicità fasulle che promettono attrezzature su cui bastano pochi minuti per raggiungere i risultati sperati o con prezzi molto bassi, ricordandovi che i prodotti a basso prezzo sono costruiti con materiali e tecnologie  più scadenti, quindi con alta probabilità poi di avere spesso problemi o di non essere adatte ad allenamenti più o meno intensi. Visitate vari rivenditori di macchine per il fitness e paragonate i modelli e i costi degli stessi. A priori informatevi sulle ditte che producono attrezzature cardio, da quanto lo fanno, quanti modelli hanno creato, se producono anche per le palestre, e che tipo di garanzia danno. La garanzia è  importante in quanto le attrezzature per l’home fitness a volte vengono messe sul mercato non tenendo conto che verranno utilizzate per parecchie ore e magari anche da più persone, con il rischio che non siano affidabili. Nel caso in cui la garanzia non fosse più valida, non improvvisatevi specialisti del settore, visto che potrebbe essere molto controproducente, affidatevi a professionisti veri e propri. Tenendo conto del budget finanziario a vostra disposizione, recatevi nei punti vendita, con abbigliamento tale da poter provare le macchine che vi interessano. Recate particolare attenzione alla sicurezza della macchina, ingranaggi e parti elettriche coperte, al rumore che la macchina fa nel momento in cui funziona, in quanto in ambienti piccoli potrebbe diventare insostenibile. La solidità e la comidità, non dimenticate che dovrete passarci sopra svariato tempo e queste due condizioni sono fondamentali per riuscire a farlo. La facilità di utilizzo è un’altra caratteristica importante. Nel caso in cui, non siate in grado di valutare tutte queste caratteristiche, affidatevi ad un personal trainer che si rechi con voi il giorno dell’acquisto e giudichi per voi la validità della macchina. È chiaro che se siete abituati ad allenarvi in palestra con macchine professionistiche, inizialmente le macchine domestiche potrebbero sembrarvi meno efficaci, quindi a maggior ragione bisogna stare attenti a cosa si acquista, per i più esigenti il consiglio è di alzare il budget finanziario e comprare la macchina su cui si allenavano con buoni risultati in palestra. L’ultima cosa è di capire quanto mercato può avere la macchina se si decide di venderla come usata, per acquistarne una nuova o diversa. Avere a disposizione più macchine rende l’allenamento più vario ed efficace, ma non è detto che con una macchina solo non ci si possa allenare ed arrivare a buoni risultati. Basta saper supplire alla mancanza di determinate attrezzature, con i gesti a corpo libero imitati dalla macchina, uno step può essere sostituito da un gradino di casa, da un metronomo e da un cardiofrequenzimetro, cyclette e treadmill, da una bella giornata di sole e dalla voglia di andare a farsi una corsa o un giro in bicicletta.

CARRETTISTICHE TECNICHE DELLA MACCHINE CARDIOFITNESS

IL TREADMILL (TAPIS ROULANT)

Sicuramente è questa una delle macchine più conosciute e acquistate nel mercato dell’home fitness. Cercate una macchina che abbia il nastro largo non meno di 45 cm e lungo non medo di 120 cm, che sia in grado di variare sia la velocità (da 0,8 a 16 Km/h) che la pendenza (da 0 a 12%) e valutate la stabilità delle macchina nel momento in cui è al massimo delle sue potenzialità e nella fascia di allenamento da voi preferita. La macchina dovrebbe avere un motore che sviluppi non meno di 1,5 hp a regime continuo. Controllate che il display sia rubusto, chiaro e di facile utilizzo. Di importanza notevole è che sia in possesso di un tasto di arresto per emergenza. Tenendo presente le caratteristiche di produzione della macchina, valutate che la manutenzione ordinaria sia facile. Valutate che sia in grado di monitorare le pulsazioni cardiache, di vitale importanza per poter praticare gli allenamenti per il dimagrimento e per la performance cardio-respiratoria. Chiaramente che abbia le dimensioni adatte al posto dove avete deciso di ubicarlo. Posizionate il treadmill in modo che dietro abbia una via di fuga per evitare traumi in caso di caduta.

LO STEP (STEPPER)

Fare particolare attenzione al movimento dello step, che può essere, dipendente, cioè che un pedale sale mentre l’altro scende oppure indipendente o come di dice nel settore a galleggiamento, che rappresenta un movimento più faticose e che richiede una maggiore coordinazione. I pedali dovrebbero essere imperniati in modo che a differenza di quelli fissi possano seguire il movimento della caviglia e del piede in maniera naturale. Anche la larghezza del pedale è importante in modo che si possano assumere posizioni diverse e sollecitare più o meno i legamenti del piede. Il movimento migliore è quello dato da un sistema a catena o a cavo non molto buono risulta il movimento dato da pistoni idraulici. Lo step deve dare la possibilità di regolare la velocità di esecuzione e deve avere una velocità minima che possa consentire anche a persone decondizionate di allenarsi. Valutare la stabilità dell’attrezzo soprattutto quando è in azione a ritmi elevati.

CLIMBER ELITTICO

Questa tipologia di attrezzatura è da poco sul mercato del fitness, ma ha già riscosso un positivo riscontro da parte dei praticanti, essendo un mix fra la corsa e lo step. C’è chi lo definisce anche una simulazione dello sci di fondo. Se ne possono trovare modelli che chiamano o meno in causa l’utilizzo degli arti superiori. Il movimento deve essere fluido quindi dovete valutare che vi possiate muovere sullo stesso in maniera naturale, valutatelo in base alla vostra altezza e lunghezza degli arti. Verificate che possiate muovere le braccia all’unisono con le gambe.  Verificate il tipo di passo della macchina se è più orizzontale o verticale. Verificate che il movimento sia possibile sia in avanti che all’indietro per stimolare i muscoli in modo diverso. Verificate che lo schermo sia chiaro che supporti il cardiofrequenzimetro  e se è regolabile in altezza che il movimento sia stabile e confortevole in tutte le inclinazioni.

CYCLETTE (BIKE)

Molto popolare e spesso presente nelle abitazione della gente, la cyclette è forse l’attrezzo cardio più semplice da usare. Se non si è già in possesso di una cyclette e si vuole acquistarne una, bisogna porre attenzione al fatto che la sella sia regolabile in altezza.  La sella dovrà essere comoda in modo da poter stare seduti anche per lunghi periodi senza problemi. Verificare che i pedali si muovano in modo fluido, stabile e senza produrre rumori. La cyclette deve dare la possibilità di regolare la durezza della pedalata. Verificate che durante la pedalata sia stabile sia a velocità blanda che ad alta velocità. Ultimamente sono state immesse sul mercato anche le cyclette orizzontali che sono più comode ed adatte a chi ha difficoltà a rimanere seduto senza appoggiare la schiena. 

Dopo aver esposte le linee guida per poter acquistare una macchina cardiofitness in sicurezza, andiamo a vedere in che modo si devono usare  le macchine cardio. 


TREADMILL

Abbiamo visto che questo attrezzo è un simulatore della camminata o della corsa a seconda della velocità con cui si imposta la macchina. Come tutte le attività fisiche il treadmill porta dei vantaggi, chiaramente non è adatto a tutti. La tabella che segue descrive, i vantaggi e i soggetti che sarebbe meglio non lo utilizzassero.
Sul tapis roulant, abbiamo visto che si può camminare o correre, e lo si deve fare a seconda dell’obiettivo che si è prefissato. La corsa è più dispendiosa a livello calorico e più allenante a livello cardio-respiratorio, ma è anche più traumatica a livello delle giunture del nostro corpo. Una buona scarpa e un buon treadmill possono ridurre al minimo i sussulti a livello di tendini e articolazioni scongiurando problemi di salute. Una via di mezzo fra la corsa e la camminata, è la camminata sportiva che consiste in un passo svelto e spesso praticato in salita. È questa una buona attività sia per dimagrire che per allenare cuore e polmoni. 
La prima volta che si sale su di un tappeto bisogna essere particolarmente prudenti. Prima di tutto bisogna imparare ad usare la macchina, conoscendo bene l’utilizzo dei comandi. È consigliato provare la macchina stando giù dalla stessa, provando poi ad accelerare, aumentare la pendenza, fermarla con l’emergenza ecc…. una volta che si è preso confidenza con la macchina, partire velocità ridotta, in modo da abituarsi ad un movimento che non è proprio uguale alla camminata classica in quanto non si avanza, ma si resta fermi su di un rullo che gira. È bene tenere le mani appoggiate sui dispositivi appositi. Cercare di avere una postura normale, con lo sguardo in avanti e facendo passi normali ne troppo lunghi ne troppo corti. A mano a mano che si prende confidenza con il movimento, lasciare gli appoggi per le mani e accelerare un po’, fino ad arrivare con un po’ di sedute a risucire a correre tranquillamente. Le prime volte, al termine dell’esercizio si può avvertire la sensazione di capogiro e di scarso equilibrio, dovuto a una stimolazione nuova a carico del sistema propriocettivo. Il problema si risolve in poche sedute.

STEP

Lo step è la macchina cardiofitness nata come simulatore della salita su di una scalinata. Si possono trovare due tipi di step. Il primo con movimento a galleggiamento in cui le leve sono indipendenti l’una dall’altra, rappresentando un movimento difficile e che richiede una buona capacità coordinativa da parte del soggetto. Il secondo movimento con movimento a bilancia, ovvero quando una leva scende l’altra sale automaticamente, più adatto ai principianti perché più facile da usare. Delle macchine descritte fino ad ora è la più impegnativa dal punto di vista dell’allenamento. Da tono muscolare elevato agli arti inferiori e migliore capacità funzionale dell’apparato cardiorespiratorio. il movimento da un ampio basculamento a livello del bacino il che lo rende sconsigliato a chi presenta problemi a livello del rachide e del bacino stesso, rappresentando una possibile causa di dolori e fastidi. Di fronte allo step si ha sempre il dubbio di quanto ampio deve essere il movimento che gli arti inferiori devono compiere. Il movimento dovrà essere tale da portare l’arto inferiore in estensione, evitando di iperestenderlo e di basculare con il bacino per i motivi suddetti. Se il movimento è troppo corto si corre il rischio di andare a creare problemi a livello rotuleo a causa della posizione in flessione delle ginocchia, che sovraccarica l’articolazione stessa. Evitare di inclinare il busto in avanti perché in questa posizione il gluteo lavora in massimo allungamento ma non in massimo accorciamento con conseguente allungamento del ventre muscolare a riposo e quindi scarsi risultati a livello estetico. I piedi durante l’esecuzione dell’esercizio devono essere appoggiati completamente sulle pedane.

BIKE

È questa sicuramente una delle attrezzature più comuni che si possono trovare nelle palestre domestiche, per la facilità di utilizzo. Bene o male nel corso della vita tutti siamo andati in bicicletta è quindi questa macchina un attrezzo che richiama un gesto motorio ben consolidato, facilitato in quanto non necessità di equilibrio come la bicicletta tradizionale. 

Gli aspetti che bisogna curare in caso si voglia utilizzare la bike come attrezzatura cardiofitness, sono l’altezza della sella che deve essere tale da permettere una pedalata fluida e con il ginocchio che si trova leggermente flesso (15/20°) quando si trova nel punto più basso della pedalata. Una sella troppo bassa potrebbe portare problemi di sovraccarico rotuleo e quindi dolore al ginocchio, al contrario una sella troppo alta porta a perdità di stabilità del bacino con conseguente basculamento e creazione di curve sul piano frontale della colonna vertebrale, da evitare in modo categorico perché degenerative a lungo andare. Se si decide di praticare allenamenti di lunga durata è bene munirsi di pantaloncini imbottiti per evitare fastidiose irritazione del pavimento pelvico. Altro parametro da controllare e regolare è l’altezza del manubrio che deve essere tale da consentire ai gomiti di essere leggermente flessi e alla muscolatura del collo di essere decontratta. 
Oltre al già accennato climber elittico, in commercio si possono trovare altre attrezzature cardiofitness da utilizzare nell’allenamento aerobico. Fra esse ricordiamo il vogatore, l’armoergometro, e altre ancora. 
Il vogatore simula l’azione della remata tramite due braccia separate o un braccio unico centrale, con un sedile centrale che scorre su guide per garantire il reclutamento anche degli arti inferiori nell’esecuzione del gesto. Il movimento che si va a riprodurre è molto intenso in quanto si reclutano praticamente tutti gruppi muscolari del corpo e a differenza delle macchine fino ad ora esaminate chiama in causa in modo molto importante i muscoli degli arti superiori. È indicato per chi pratica canottaggio o per soggetti che presentano una forma fisica elevata. È sconsigliato per chi presenta problemi osteo-articolari a livello della colonna vertebrale, delle anche e delle spalle.

L’armoergometro è una sorta di bike per gli arti superiori. nell’esecuzione del gesto su questa attrezzatura vengono chiamati in causa i muscoli del cingolo scapolo omerale. È indicato nelle riabilitazione della spalla, o nei casi in cui si vuole proporre un’attività aerobica in soggetti che hanno perso la funzionalità motoria degli arti inferiori. Non garantisce un grande dispendio calorico in quanto le massa muscolari messe in azione sono piccole rispetto a quelle messe in azione da  corsa, pedalata o salita sullo scalino. Proprio per questa sua ridotta capacità allenante è poco comprato e utilizzato. In casi in cui però gli arti inferiori sono traumatizzati o inutilizzabili diventa buon modo di fare una blanda attività cardirespiratoria.




martedì 24 settembre 2013

RIEDUCAZIONE DELL'ANCA


L'anca è l'articolazione prossimale dell'arto inferiore ed è caratterizzata. Situata a livello del bacino è l’articolazione fra la testa del femore e la cavità acetabolare del bacino. Appartiene alla famiglia delle enartrosi, ovvero un tipo di articolazione che ha due superfici articolari, una concava e una convessa, tenute a contatto da una capsula fibrosa rinforzata da legamenti. Le enartrosi sono le articolazioni più mobile del corpo. Permettono movimenti di flessione-estensione, adduzione-abduzione, intrarotazione-extrarotazione e circumduzione.


La grande possibilità di movimento che possiede l’anca è data dal fatto che essa è attraversata da tre assi su cui si vanno a svolgere i vari movimenti. Questi assi sono:

  • Asse verticale: su quale si effettuano extra-intrarotazione
  • Asse trasversale: sul quale si effettuano flesso-estensione
  • Asse sagittale: sul quale si effettuano abduzione-adduzione
La testa femorale di forma sferica a un diametro di 40-50 mm, è attaccata alla diafisi tramite il collo. La cavità acetabolare ha la forma di una semisfera circondata dal ciglio cotiloideo che serve ad aumentarne la capienza. Il tutto è tenuto ricoperto dalla capsula articolare. La capsula articolare si presenta come un manicotto cilindrico teso fra ileo ed estremità superiore del femore. L'estremità ha la forma di un manicotto che dal ciglio cotiloideo, va ad inserirsi sulla linea intertrocanterica anteriore e sulla linea intertrocanterica posteriore. La capsula articolare è rinforzata sia anteriormente e posteriormente da potenti legamenti. Anteriormente dal legamento ileo-femorale (Bertin) e dal legamento pubo-femorale. Posteriormente dal legamento ischio-femorale


Proprio a causa della sua grande mobilità e dato che è un’articolazione che sopporta molto peso, essendo situata in un punto strategico del nostro corpo che riceve influenze sia dal basso che dall’alto è un’articolazione che spesso è soggetta a patologia degenerativa.
L'Artrosi dell'anca, è una patologia che si manifesta di solito nella popolazione sopra i 50 anni ma non è così raro trovare la stessa patologia in soggetti molto più giovani. La patologia è data dalla precoce usura dei capi articolari.  Di solito si manifesta con dolore all’articolazione interessata o della muscolatura vicina. Il dolore è maggiore al mattino, si attenua con il movimento, si può risvegliare dopo sforzo e generalmente si attenua durante la notte.


Successivamente la funzionalità articolare diventa limitata prima dal dolore, poi dagli ostacoli di natura meccanica che possono impedire lo svolgimento delle normali attività o rendere difficili anche le abituali funzioni della vita di relazione.

La diminuzione della rima articolare é il primo segno di danno cartilagineo e può consentire di fare diagnosi di artrosi iniziale. Successivamente si osservano gli altri sintomi radiologici non sempre evidenti. La presenza degli osteofiti e le deformità dell’articolazione sono segno di artrosi di vecchia data che si conclude con l’anchilosi dell’articolazione radiologicamente evidenziabile.

L’evoluzione della patologia spesso porta a doversi sottoporre ad intervento chirurgico a cui deve seguire un’adeguata fase di recupero in modo da poter tornare ad una condizione il più simile possibile alla condizione fisica antecedente l’operazione e l’inizio della patologia.

Di fondamentale importanza prima di iniziare un programma di tipo riabilitativo aver consultato il chirurgo che ha effettuato l’intervento per avere il permesso di iniziare questa fase e le indicazioni da seguire durante questa fase. Una volta avuto il permesso è altrettanto fondamentale effettuare le terapie e la riabilitazione di tipo fisioterapico per riacquisire la maggior funzionalità articolare possibile dopo di che sempre previa autorizzazione medica si deve iniziare una fase di recupero muscolare, della mobilità articolare e di tutte le capacità condizionali e coordinative per poter eseguire le attività quotidiane senza incorrere in particolari problemi o limitazioni.





I primi esercizi che si possono eseguire sono i seguenti:

A TERRA

  • Flesso estensioni del piede 
  • Circonduzioni del piede in senso orario e antiorario 
  • Da gamba estese flettere il ginocchio e l’anca senza sollevare il tallone da terra (bene farlo con le calze su una superficie liscia) 
  • Contrazioni isometriche del quadricipite femorale. Mantenere la contrazione per 6 -10’’ con un riposo di 4-5’’ fra le ripetizioni. 
  • Contrarre il muscolo quadricipite e mantenendolo contratto, sollevare l’arto inferiore di circa 20 cm. Rimanere in tale posizione per 8-10’’.
  • Contrarre il muscolo quadricipite e mantenendolo contratto, sollevare l’arto inferiore di circa 20 cm disegnando nell’aria numeri, lettere o figure geometriche
  • Abduzioni scivolando su una superficie liscia senza staccare l’arto inferiore dal suolo appoggio ad una sedia, poltrona o ad una sbarra alla parete.

Eseguire 15 ripetizione per esercizio, partendo con 1/2 serie per arrivare nel tempo ad eseguire 4 serie. Quando si arriva alle 4 serie aggiungere i seguenti esercizi:

  • Flessioni d’anca a meno di 90° mantendo la posizione per alcuni secondi.
  • Estensioni d’anca senza inarcare la schiena. Mantenendo la posizione alcuni secondi.
  • Abduzioni d’anca mantenendo il ginocchio e il piede dritti.

Eseguire sempre 15 ripetizioni partendo con 2 serie per arrivare a 4. Per inserire successivamente i seguenti esercizi:

Estensioni  d’anca con elastico
Abduzioni d’anca con elastico
Flessioni d’anca elastico

In un secondo momento sostituire gli elastici le cavigliere piene di sabbia. Partire sempre con 2 serie da 15 per arrivare a 4 serie. Sarà bene in questo periodo eseguire anche 10 minuti di bike ad inizio e fine allenamento tenendo la sella molto alta oppure iniziando con la pedalata all’indietro. Ben venga anche la ginnastica in acqua.
Arrivati a questo punto si dovrebbe essere in condizioni di poter praticare le attività di tutti i giorni senza grandi problemi riacquisendo la propria libertà e la propria indipendenza. Se i controlli danno esito positivo il potenziamento può essere incrementato.





martedì 17 settembre 2013

SLANCI IN DIETRO PER GLUTEI


Prosegue il viaggio alla scoperta dei principali esercizi per i glutei. L’esercizio del giorno è lo slancio in dietro in quadrupedia o in stazione eretta.


Questo esercizio stimola in particolar modo essenzialmente il grande gluteo e gli ischiocrurali chiamati in causa in modo più o meno marcato a seconda di come si eseguirà il gesto.


Questo esercizio presenta una dinamica tale per cui il muscolo lavora in allungamento incompleto e contrazione completa, situazione che la legge di Borelli Weber Fick ritiene ottimale per accorciare il ventre muscolare, conferendo allo stesso un aspetto più tonico. La dinamica del gesto espressa in maniera mono articolare e con bassa sinergia muscolare, fa si che questo esercizio sia classificato nella categoria degli esercizi complementari (vedi post esercizi base e complementari). Come tutti gli esercizi complementari, anche in questo non è possibile utilizzare carichi pesanti e quindi non si è in grado di reclutare molte unità motorie, fattore che rende questo esercizio poco stimolante per i glutei. Sarà fondamentale associare a questo esercizio un esercizio base per i glutei. Utilizzando gli slanci come pre o post affaticamento in modo da rendere il gluteo l’anello debole della catena cinetica durante l’esercizio base nel caso in cui lo si utilizzasse com pre affaticamento e come esercizio per stancare definitivamente il gluteo nella metodica del post affaticamento.

Gli slanci possono essere utilizzati come esercizio da inserire in circuiti tipo P.H.A. o SPOT REDUCTION associandoli ad altri esercizi per i glutei. 

Una variante di questo esercizio è lo slancio in dietro eseguito con la gamba estesa in modo da aumentare il braccio di leva e rendere la sollecitazione muscolare maggiore. Questa esecuzione comporta però un notevole intervento da parte dei muscoli posteriori della coscia, che partendo da una posizione di prestiramento sono chiamati in causa notevolemente.

Per ovviare a questa situazione che porterebbe via lavoro ai glutei, si deve eseguire l’esercizio con la gamba leggermente flessa in modo da accorciare gli ischiocrurali e ridurre di conseguenza la loro azione motoria. 





Altro accorgimento durante l’esercizio per limitare l’intervento degli ischicrurali, è quello di privilegiare gli utlimi gradi di estensione della coscia oltre il piano frontale, in quanto gli ischiocrurali lavorano prevalentemente nell’arco di movimento che avvicina l’arto inferiore dalla posizione di flessione al piano frontale.


Questo esercizio può essere svolto anche al cavo basso, dove si può incrementale l’intensità dell’esercizio semplicemente selezionando carichi a mano a mano sempre più pesanti. Si deve fare particolare attenzione alla postura durante l’esecuzione dell’esercizio evitando di assecondare il movimento con la flessione del tronco.

Voto finale a questo esercizio...... insufficiente per stimolare da solo il gluteo soprattutto perchè non coinvolge il grande gluteo !!!



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CELIACHIA





Ci sembra giusto aprire una parentesi su questo tipo di intolleranza particolare che negli ultimi anni si sta notevolmente diffondendo.

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale.


L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati solo 35 mila.

Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo del 9%.

La caratteristica fondamentale di questo tipo di intolleranza è la reazione che la proteina glutine provoca alla mucosa intestinale. Dopo l’ingestione di alimenti contenenti glutine infatti, i villi intestinali assumono una forma molto appiattita e di conseguenza il passaggio delle sostanze nutritive viene modificato producendo un malassorbimento delle sostanze nutritive.
Non sempre la celiachia si presenta in modo palese, infatti le sue forme cliniche possono essere molteplici:
  • -  TIPICA: che ha come sintomatologia la diarrea e l’arresto della crescita;
  • -  ATIPICA: che si presenta tardivamente con sintomi soprattutto extraintestinali (come
    l’anemia);
  • -  SILENTE: nella quale mancano sintomi evidenti;
  • -  POTENZIALE: evidenziata da esami sierologici positivi (presenza di antigliadina IgA e
    IgG) ma con biopsia intestinale normale.
Una diagnosi sintomatologica della celiachia è difficile, perché i sintomi sono spesso troppo simili a quelli di altre malattie, tra queste, numerose malattie che interessano l’intestino ma anche forme di stanchezza cronica e di depressione. Inoltre, in una percentuale non piccola dei casi, la celiachia non sviluppa alcun sintomo evidente ma comporta comunque un danneggiamento dei tessuti intestinali. Una diagnosi più precisa della malattia quindi passa principalmente per due analisi mirate:
  • -  L’analisi sierologia: determina il livello di anticorpi specifici antigliadina (una delle proteine del glutine) IgA e IgG, e di anticorpi anti-transglutaminasi (tTG), nel sangue prodotti in risposta alla presenza di glutine, percepito dall’organismo come sostanza estranea e pericolosa.

  • -  Test istologico: invece consiste in una biopsia intestinale che permette di verificare il danneggiamento e l’atrofia dei villi intestinali.
    Nel caso di presenza della malattia all’interno di una famiglia, data la sua caratteristica trasmissione genetica, è opportuno effettuare uno screening degli anticorpi in tutti i parenti di primo grado del malato.

    L’unico trattamento possibile per la celiachia è una dieta appropriata, priva di glutine (gluten-free), che permette di ridurre ed eventualmente eliminare i sintomi e di ricostituire i tessuti intestinali. La capacità di ripresa e di recupero dei tessuti danneggiati, però, dipende da molti fattori, come ad esempio l’età in cui la malattia viene diagnosticata, il grado di danneggiamento e l’assunzione da parte dell’individuo di altri farmaci che possono interferire.
    TEST DI RILEVAMENTO DELLE ALLERGIE E DELLE INTOLLERANZE
    Vi sono molti tipi di test per il rilevamento delle allergie ed intolleranze alimentari, di seguito verranno elencati im test più diffusi:

TEST RILEVAMENTO ALLERGIE:


RAST – ELISA – FAST – MAST : si tratta di analisi molto simili e si eseguono tramite prelievo ematico, l’obiettivo è quello d’individuare le allergie alimentari IgE o IgG mediate.

PRIK e SCRATCH TEST: sono test da intradermo reazione e sono test cutanei che si eseguono mettendo una goccia di sostanza allegizzante sulla pelle dove viene inoltre effettuato un graffietto cutaneo. La reazione dermica che si riscontra va messa a confronto con altri due punti dove in uno è stata messa soluzione fisiologica e nell’altra una goccia d’istamina.

PATCH TEST: sempre della famiglia delle prove cutanee, consiste nell’applicare sulla schiena dei cerotti che contengono una determinata concentrazione delle sostanze da testare. La lettura dei risultati viene effettuata dopo circa 72 ore e dovrebbe consistere in eventuali positività di tipo eczematoso o vescicolare.

TEST RILEVAMENTO INTOLLERANZE:

CITOTEST: test piuttosto accreditato in quanto mette in evidenza una reazione immunitaria determinata dalla reazione dei globuli bianchi. Si effettua prelevando il sangue del paziente e lo si mette a confronto con una serie di sostanze alimentari. Analizzando al microscopio si stabilisce il rigonfiamento dei granulociti (tipo di globuli bianchi) e lo si classifica secondo quattro livelli in base al rigonfiamento più o meno accentuato.
MISURAZIONE DELLA TENSIONE MUSCOLARE: si assume o si tiene in mano un alimento o una sostanza e quando a questa si è intolleranti la forza muscolare diminuisce talvolta anche in modo netto.
METODO KINESIOLOGICO: testa la diminuzione di forza in modo manuale, agendo sulla muscolatura della mano tramite il test dell’O-Ring (occhiello tra pollice e indice). Impugnando una fialetta contenente un alimento l’operatore cercherà di aprire l’occhiello, quando vi riesce il paziente è intollerante all’alimento impugnato.
DRIA TEST: utilizza lo stesso principio del precedente, il presunto allergene viene somministrato per via sublinguale e le rilevazioni vengono effettuate con un’apparecchiatura che obbliga il paziente a posizioni certe e perfettamente ripetibili e le rilevazioni sono fatte grazie un sistema computerizzato.

ELETTRO AGOPUNTURA DI VOLL (EAV) e VEGATEST: tramite un’apparecchio elettrodiagnostico (simile ad un misuratore d’impedenza) si misura la variazione di potenziale elettrico rilevata lungo i punti dell’agopuntura cinese.

Il primo rilevamento viene effettuato in assenza di allergeni, il secondo viene registrato inserendo una fiala omeopatica del principio da testare in un apposito pozzetto che s’interpone fra il corpo e il rilevamento del dato.

Se il principio attivo causa intolleranze si registrano varie cadute di potenziale elettrico. Tra gli Alimenti, quelli che più frequentemente danno reazioni sono:
  • -  Latte e derivati;
  • -  Uova;
  • -  Pesce e crostacei;
  • -  Cereali, farine e lieviti;
  • -  Nocciole e arachidi;
  • -  Carne di maiale e pancetta;
    -  Cioccolato, the, caffè e alcolici;
    -  Mele e agrumi;
    -  Sedano e soia;
    -  Semi di sedano, anice, aneto;
    -  Spezie;
    -  Additivi, preservanti e coloranti. 

lunedì 16 settembre 2013

ESERCIZI BASE E ESERCIZI COMPLEMENTARI


La biomeccanica degli esercizi di body building e fitness è globalmente semplice, si tratta infatti di gesti con catene cinetiche ridotte che richiedono una semplice coordinazione neuro muscolare. 
In linea di massima nel linguaggio tradizionale troviamo le dizioni esercizio base ed esercizio complementare.
Più specificamente, il significato di tali termini è il seguente.

Esercizio base

Esercizio che chiama in causa più di un’articolazione e che determina quindi un’ampia sinergia. Non c’è isolamento di un unico distretto ma si crea una grande catena cinetica. La traiettoria risultante è quasi sempre riconducibile ad una retta.
Sono gli esercizi più indicati per il potenziamento e per il condizionamento generale.

Esercizio complementare

In genere è un’esercizio che coinvolge principalmente solo un’articolazione. Ne consegue un buon isolamento muscolare, quindi una bassa sinergia e una piccola catena cinetica. La traiettoria risultante è quasi sempre un arco di circonferenza.
Sono gli esercizi più indicati per stimolare un’area muscolare ben delimitata. Non sono adatti ad essere usati per il potenziamento.



Ecco che, allora, ci riesce facile classificare le distensioni su panca piana come esercizio base, non perché ritenuto tale e quindi fondamentale per chi si esercita in palestra, ma perchè rispondente a tutta una serie di parametri, quelli elencati prima, che lo fanno ricadere nella definizione di esercizio base. 
Le croci su panca, restando sempre in tema di esercizi per il petto, rispettano tutte queste caratteristiche.

Oltre a questa divisione, o meglio, in sovrapposizione a questa, vi è anche una differenziazione tra esercizi a catena cinetica chiusa e quelli a catena cinetica aperta. I primi, sempre ad esempio le distensioni su panca,  sono movimenti che coinvolgono tutti segmenti articolari che sono collegati in maniera interdipendente tra di loro; ad esempio se io impugno un bilanciere con entrambe le mani non posso muovere l’articolazione del gomito destro senza che questo movimento venga in qualche modo trasmesso alle altre articolazioni. Provate pure impugnando un bacchetta, ogni movimento che fate si trasmette a pantografo agli altri anelli della catena. Le croci su panca sono invece esercizi a catena cinetica aperta in cui posso tranquillamente muovere un'articolazione senza che il movimento venga trasmesso alle altre. 

Questo concetto appare di estrema importanza quando parliamo ad esempio di riabilitazione, dove l'utilizzo di esercizi a catena cinetica chiusa o aperta diventa una variabile da applicare nei protocolli riabilitativi. 

SLANCI LATERALI PER GLUTEI



Iniziamo con questo post a descrivere e discutere i principali esercizi per allenare i glutei. 
L’esercizio preso in causa oggi è lo slancio laterale in decubito laterale. L’esercizio si esegue distendendosi su un fianco e portando l’arto inferiore che non è appoggiato in abduzione.

Questo esercizio stimola in particolar modo essenzialmente il medio gluteo divenendo quindi un esercizio selettivo per la parte alta-laterale del gluteo. 

Questo esercizio presenta una dinamica tale per cui il muscolo lavora in allungamento incompleto e contrazione completa, situazione che la legge di Borelli Weber Fick ritiene ottimale per accorciare il ventre muscolare, conferendo allo stesso un aspetto più tonico. La dinamica del gesto espressa in maniera mono articolare e con bassa sinergia muscolare, fa si che questo esercizio sia classificato nella categoria degli esercizi complementari (vedi post esercizi base e complementari). Come tutti gli esercizi complementari, anche in questo non è possibile utilizzare carichi pesanti e quindi non si è in grado di reclutare molte unità motorie, fattore che rende questo esercizio poco stimolante per i glutei. Sarà fondamentale associare a questo esercizio un esercizio base per i glutei. Utilizzando gli slanci come pre o post affaticamento in modo da rendere il gluteo l’anello debole della catena cinetica durante l’esercizio base nel caso in cui lo si utilizzasse com pre affaticamento e come esercizio per stancare definitivamente il gluteo nella metodica del post affaticamento.

Gli slanci possono essere utilizzati come esercizio da inserire in circuiti tipo P.H.A. o SPOT REDUCTION associandoli ad altri esercizi per i glutei. 
Una variante di questo esercizio è lo slancio laterale al cavo basso, dove si può incrementale l’intensità dell’esercizio semplicemente selezionando carichi a mano a mano sempre più pesanti. Se si vuole rendere l’esercizio al cavo più efficacia è bene portare la coscia in leggera estensione durante l’abduzione. Si deve fare particolare attenzione alla postura durante l’esecuzione dell’esercizio evitando di assecondare il movimento con l’inclinazione del tronco.


Voto finale a questo esercizio...... insufficiente per stimolare da solo il gluteo soprattutto perchè non coinvolge il grande gluteo !!!






domenica 15 settembre 2013

POSTURA CORRETTA E POSTURA SCORRETTA



Molto probabilmente la postura perfetta non esiste vista la mole di situazioni che il corpo si trova a gestire in continuazione. Si cerca però tramite una serie di valutazioni di cercare di inquadrare il corpo, di suddividerlo in zone e di vedere se queste sono in equilibrio o meno e quando non lo sono se sono in compensazione fisiologica o meno.

Il soggetto verrà analizzato in posizione ortostatica (in piedi) nei tre piani dello spazio (frontale, sagittale e trasverso) e potrà essere posizionato dietro un posturoscopio, strumento fatto a griglia delle dimensioni di un uomo su cui sarà tracciata la verticale di Barrè o linea sagittale. In antero posteriore, in assenza del posturoscopio, si utilizza il filo a piombo che coincide con la linea centrale di gravità che passa per:

  • il centro di gravità della testa che si trova a livello delle apofisi clinoidee posteriori della sella turcica dello sfenoide 
  • avanti all’apofisi odontoide 
  • i corpi vertebrali di C3, C4, C5 
  • il corpo vertebrale di L3 
  • il promontorio sacrale 
  • la metà dell’articolazione coxo-femorale 
  • la metà del ginocchio 
  • l’articolazione astragalo scafoidea.
Questa linea di gravità, quando il soggetto viene esaminato di profilo, si materializza con i seguenti reperi:
  • il trago dell’orecchio 
  • l’articolazione acromio-claveare 
  • il gran trocantere 
  • la metà del condilo esterno della tibia 
  • la caviglia al davanti del malleolo esterno. 

All’interno passa per: 

  • apice del cranio 
  • apofisi ontoidea di C2 
  • corpo vertebrale di L3 
  • al centro del poligono di appoggio 


Oltre alla verticale di Barrè durante la valutazione posturale del soggetto si osserva e si valuta se sono in equilibrio e simmetria svariati punti. Anteriormente si avranno come punto di riferimento:

  • la linea bipupillare 
  • la linea bitragalica 
  • la inea interlabbiale 
  • la linea biacromiale 
  • la linea intermammaria 
  • la linea delle spine iliache antero superiori 
  • la linea dei polsi. 

Sempre anteriormente si valuterà se il mento, l’apofisi xifoidea dello sterno e l’ombelico sono posizionati sulla stessa linea. Un ulteriore punto di valutazione sarà il così detto triangolo della taglia formato dalla linea del fianco con il braccio. Di solito chi ha la scoliosi ne ha uno più corto dell'altro. 



Posteriormente si avranno come punto di riferimento:

  • la linea biacromiale 
  • la linea delle scapole 
  • la linea bis iliaca 
  • la linea glutea 
  • la linea delle pliche delle ginocchia 

Sempre posteriormente si valuterà se la settima vertebra cervicale e la cresta mediale dell’osso sacro sono posizionati sulla stessa linea.


  • Dall’osservazione potranno essere rilevate eventuali variazioni di posizione rispetto ad un modello ideale. Si valuteranno inoltre, asimmetrie e rotazioni dei segmenti scheletrici nonché la presenza di zone di alterato trofismo e/o tono muscolare

    Oltre alla valutazione dei reperi appena elencati, per giudicare la postura di un soggetto e le eventuali modificaizioni che essa presenta sarà importante andare a valutare ed analizzare particolari zone del corpo. 

    Piano sagittale: 

    • freccia cervicale (6/8 cm) 
    • piano delle scapole 
    • freccia lombare (4/6 cm) 
    • piano dei glutei
      Piano frontale 
    • tutte le linee viste in precedenza 
    • armonia morfologica del cranio e del viso Piano orizzontale 
    • piano delle scapole 
    • piano dei glutei
    Berndar Bricot afferma che più del 90% degli individui uno squilibrio del sistema posturale. Squilibrio che sarà da valutare su tre piani dello spazio.
    Sul piano sagittale si può assistere a:

    • aumento delle frecce cervicali e lombari con conseguente aumento delle curve fisiologiche (iperlordosi ) 
    • diminuzione delle frecce cervicali e lombari con conseguente diminuzione delle curve fisiologiche (rettilineizzazione) 
    • piano scapolare posteriore 
    • piano scapolare anteriore
      Sul piano frontale si può assistere a: 
    • bascula delle spalle 
    • bascula del bacino 
    • la bascula può essere omolaterale o contro laterale
      Sul piano trasverso si può assistere a: 
    • cingolo scapolo omerale avanzato da un lato 
    • cingolo scapolo omerale e cingolo pelvico avanzati dallo stesso lato 
    • cingolo scapolo omerale e cingolo pelvico avanzati su lati opposti 


  • cingolo scapolo omerale avanzato da un lato
  • cingolo scapolo omerale e cingolo pelvico avanzati dallo stesso lato
  • cingolo scapolo omerale e cingolo pelvico avanzati su lati opposti 

mercoledì 11 settembre 2013

GLUCOSAMINA SOLFATO L'INTEGRATORE PER LA CARTILAGINE




Chi si allena pesantemente e seriamente, si può trovare a dover affrontare malanni osteoarticolari. Per cercare di prevenire e per cercare di alleviare i fastidi sopracitati si può cercare di assumere la glucosamina.

La glucosamina solfato è composta da glucosio e da un’amina solforata ed è prodotta regolarmente dal nostro organismo.

La glucosamina utilizzata per la produzione di integratori è mediamente estratta dalla chetina, ricavata dall’esoscheletro di gamberi e molluschi. 

Circa il 90% della Glucosammina somministrata per via orale viene assorbita dall’intestino tenue e non si conosce quanta parte della dose ingerita ne verrà poi poi captata dalle articolazioni.

La glucosamina stimola la produzione di gag (glicosaminoglicani) che sono alla base dei proteoglicani che assieme al collagene sono la principale proteina strutturale del tessuto connettivo. 

Uno dei principali gag è l’acido ialuronico che è costituito in parte direttamente dalla glucosamina.

La glucosamina promuove l’incorporazione dello zolfo nella cartilagine che ne ha un bisogno costante, quando la produzione di glucosamina diminuisce (età, stress meccanici, infiammazioni, malattie ecc.) possono insorgere forme artritiche; le cartilagini diventano sempre più fragili originando un ispessimento del tessuto osseo sottostante con comparsa di osteofiti che causano dolore e limitano il movimento. (le superfici articolari non sono più lisce ma dentellate).La Glucosamina non solo alevia il dolore ma ripara il danno.
La principale funzione della glucosamina si esplica nella riparazione dei danni alle strutture cartilaginee, si ha un miglioramento dello stato funzionale dell’articolazione ed una sensibile riduzione del dolore con l’utilizzo della glucosamina.

I benefici indotti dall’uso di glucosamina si protraggono per un periodo circa uguale a quello della durata del trattamento. 
Spesso le formulazioni a base di glucosamina reperibili sul mercato contengono anche altre sostanze quali condroitin solfato, cartilagine di squalo, cartilagine purificata e/o collagene. 

Negli ultimi anni sono apparsi molti studi su glucosamina e osteoartrite. La conclusione di questi studi era mediamente che 1.500 mg di glucosamina solfato per giorno riduceva il dolore e migliorava la funzionalità dei giunti ossei (migliorava il movimento) nella maggior  parte dei soggetti con una leggera o moderata osteoartrite. I risultati erano più rilevanti dopo le 4 settimane di integrazione con glucosamina. Tutti gli studi dimostravano che la glucosamina era sicura, praticamente senza controindicazioni e comunque più sicura dei farmaci utilizzati contro l’osteoartrite.

Le conclusioni più interessanti furono le immagini ai raggi X di altri studi che evidenziavano la ricostruzione delle cartilagini e dello spazio fra i giunti ossei nel gruppo che utilizzava la glucosamina insieme alla condroitina, Questo risultato ha definitivamente dimostrato l’utilità della glucosamina nel promuovere la salute dei giunti ossei. 


martedì 10 settembre 2013

I MACRONUTRIENTI




Un’alimentazione qualitativa certamente contribuisce in maniera sostanziale al successo di un atleta o al miglioramento delle performance sportive anche di chi pratica sport per diporto; ma non solo: una corretta alimentazione, è stato dimostrato in maniera inequivocabile, è fondamentale per la conservazione di un buon stato di salute generale.  Un approccio alimentare corretto, tranne alcune eccezioni par­ticolari e trattate dal medico, è una dieta equilibrata in cui la quota dei macronutrienti sia in un rapporto bilanciato tra loro. Nei macronutrienti annoveriamo 4 elementi: proteine (protidi), zuccheri (carboidrati o idrati di carbonio), grassi (lipidi) ed acqua. Ovviamente i primi 3 apportano calorie mentre il quarto no. Gli alimenti che noi introduciamo rappresentano una forma di energia potenziale, di natura chimica, che l’organismo trasforma in energia meccanica e calore: infatti movimento e calore sono sinonimi di vita. 

PROTEINE

Le proteine sono indispensabili alla crescita ed al mantenimento del peso corporeo perché apportano gli aminoacidi essenziali che non sono sintetizzati dall’organismo. La quantità di media di proteine (RDA) consigliata giornalmente dall’organizzazione mondiale della sanità, corrisponde al 10-15% del contenuto calorico totale della dieta. Le proteine sono costituite da catene di aminoacidi. In rapporto al tipo di aminoacidi presenti e alle loro quantità, le proteine si possono classificare:
ALTO indice biologico: se presentano tutti gli aminoacidi essenziali ,in proporzioni adatte ad un completo assorbimento da parte dell’organismo. Sono di questo tipo le proteine di origine animale come quelle del latte , dell’uovo,della carne e del pesce.
BASSO indice biologico: se hanno un contenuto relativamente scarso di aminoacidi essenziali o mancano anche di uno soltanto di questi. Sono di questo tipo molte proteine di origine vegetale come la soia grano, cereali etc.
Le proteine non possono essere usate dell’organismo come tali ma devono prima essere suddivise negli aminoacidi costituenti grazie al processo digestivo che dura però alcune ore, richiamando sangue nell’apparato digerente. Nel sedentario il fabbisogno proteico è stabilito intorno ai 0.8/0.9 g. per Kg. di peso corporeo (nella donna il valore va moltiplicato ulteriormente x 0.85).
Nell’atleta di sport di potenza questo valore può raggiungere i 2,5 g. per Kg. di peso corporeo. Un soggetto maschio di 70 Kg. di peso presenta la seguente richiesta proteica:

sedentario 70 x 0.9 = 63 g. di proteine
sportivo attività di potenza 70 x 2.5 = 175 g. di proteine

Per un soggetto  di sesso femminile:

sedentaria 63 x 0.85 = 53.5 g. di proteine
sportiva attività di potenza 175 x 0.85 = 148.7 g. di proteine

(questi calcoli sono validi se riferiti ad una persona con una percentuale media di grasso corporeo e di massa muscolare). 

Analizzeremo adesso una serie di indici proteici in grado di fornirci informazioni importanti sulla natura proteica.

P.E.R. (Protein Efficenty Ratio): esprime il guadagno di peso corporeo per grammo di proteina assunta da un animale da test. In pratica è la qualità di una proteina. È dato dal seguente rapporto: 
Qui il valore più alto è assegnato alle uova per poi pas­sare al latte, al pesce e alla carne.

B.V. (Biological Value): dato dal dosaggio di azoto contenuto nella proteina e utilizzato dall’organismo per il mantenimento di funzioni vitali e per la riparazione dei tessuti e che quindi non viene escreto attraverso urine, feci e pelle.

N.P.U. (Net Protein Utilization): indica la massima digeribilità della proteina e il suo valore biologico in base alla miscela di aminoacidi assorbita dall’intestino.
La percentuale di apporto calorico proteico nella dieta dello sportivo oscilla tra 15 e 25%.

A.D.S. (Azione Dinamico Specifica)

Una dieta leggermente iperproteica è importante anche per il dimagrimento, contribuisce infatti ad un innalzamento del metabolismo generale. Questo è spiegabile con il concetto di indice dinamico specifico o A.D.S. che è il dispendio metabolico legato alla trasformazione dell’alimento. L’A.D.S. per le proteine è stimato pari al 15% (contro il 6% per i glicidi e il 2% per i lipidi). L’A.D.S. di una razione alimentare mista viene calcolato tra il 6% e 10%. Le proteine hanno un indice dinamico specifico più alto rispetto a grassi (che quindi fanno diminuire l’ADS delle proteine) e carboidrati, ciò significa che una grossa parte delle calorie introdotte con le proteine deve venire impiegata per utilizzare e digerire la proteina stessa.

Gli aminoacidi

Gli aminoacidi a differenza delle proteine vengono assorbiti molto rapidamente senza bisogno di laboriosi processi digestivi. Possono quindi essere assunti anche durante periodi di intensa attività, quando maggiore è il loro consumo. Gli aminoacidi in forma L (levogira) sono gli unici utilizzabili dall’organismo. Possiamo dividere gli aminoacidi in essenziali e non essenziali. Questi ultimi vengono sintetizzati a partire da altri aminoacidi.

Aminoacidi essenziali

Gli aminoacidi essenziali sono quelli che il nostro corpo non può sintetizzare e che quindi devono essere in­trodotti dall’esterno, nel rapporto più idoneo a garantire una maggior assimilabilità, tutto questo grazie a una dieta equilibrata.

Aminoacidi non essenziali

Questi aminoacidi possono derivare dal metabolismo degli essenziali. Un concetto importante, legato a quello degli aminoacidi essenziali è quello della complementarietà delle proteine. Qui parleremo riferendoci ovviamente agli aminoacidi essenziali data l’impossibilità di sintetizzarli a partire da altri aminoacidi. Le proteine dei tessuti non possono venir sintetizzate se, nel luogo della sintesi, non sono disponibili tutti gli aminoacidi necessari. La quantità delle proteine sintetizzabile è quindi limitata dalla quantità dell’aminoacido essenziale presente nell’ambiente in minor quantità. Tale aminoacido viene denominato aminoacido limitante. Oltre a ciò è importante, ai fini della sintesi proteica, che tutti gli aminoacidi essenziali e non, siano contemporaneamente disponibili; questo è il concetto della contemporaneità legato quindi ad un assunzione completa di aminoacidi nello stesso pasto (o in pasti non troppo lontani).

CARBOIDRATI E FIBRE

I carboidrati sono facilmente digeribili ed assorbibili; rappresentano il combustibile di scelta per il lavoro muscolare e per l’attività nervosa; favoriscono il trattenimento dei sali e dell’acqua nell’organismo; hanno una notevole azione di risparmio sulle proteine dei tessuti, riducendone il catabolismo e, perciò, abbassando la quantità di proteine da introdurre con la dieta. I carboidrati o zuccheri sono composti organici costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno, nella loro molecola idrogeno e ossigeno sono in proporzioni giuste per formare acqua(due atomi di idrogeno ogni atomo di ossigeno). Essi hanno funzione prevalentemente energetica. L’assunzione di carboidrati dovrebbe essere pari a circa il 60% della razione alimentare, suddivisa fra zuccheri semplici (15%) e complessi (45%). La maggior parte di fibre alimentari è costituita da polimeri di zuccheri non assorbibili di origine vegetale (sono le fibre che sono composte di cellulosa, parte esterna del chicco di grano). La dietetica moderna ha rivalutato il ruolo delle fibre nel metabolismo glucidico e nel mantenimento del peso forma, infatti queste danno senso di sazietà ma in realtà non vengono assimilate.

Maltodestrine: sono zuccheri a media e a lunga catena ricavate dall’amido di mais. Esse forniscono energia gradualmente sotto forma di glucosio, senza provocare reazione insulinica ipoglicemizzante.
Glucosio o destrosio: è la materia prima energetica per eccellenza. Esso viene metabolizzato molto rapidamente (minuti). È indicato quando si renda necessario un apporto di energia ad effetto ultrarapido, im­mediatamente prima o durante lo sforzo fisico.
Fruttosio o levulosio: fornisce circa la stessa energia del glucosio, influenzando in misura ridotta la glicemia. Esso viene metabolizzato rapidamente a livello epatico, contribuendo alla formazione delle riserve di glicogeno.

La classificazione di tipo strutturale tra zuccheri semplici e complessi è stata un poco superata e arricchita con l’introduzione del concetto riferito all’indice glicemico.
L’indice glicemico misura l’aumento della glicemia provocato da diversi cibi, tanto più questo indice è elevato, tanto più aumenta la glicemia e tanto più alta è la secrezione di insulina da parte del pancreas. Ad ogni alimento è stato assegnato un valore rapportato al glucosio o, a seconda delle tabelle, al pane bianco cui viene assegnato un indice glicemico di 100. Il problema dell’indice glicemico è legato al fatto che per calcolare l’I.G. di un alimento si somministra una quantità di carboidrati pari a quella usata per il test di riferiemtno, cioè se si usano 75 gr. di glucosio si deve somministrare una quantità dell’alimento che contenga 75 gr. di carboidrati. Se questo dato è abbastanza vicino alla realtà per alcuni alimenti per altri, come la carne, si pone il problema: quanti gr. di carboidrati contiene una “porzione” normale di carne e come questa quindi influenza la glicemia? Per superare questo limite si è utilizzato il concetto di carico glicemico che tiene conto della porzione. Ecco che la carne, ad esempio, avrà un I.G. elevato, ma un carico glicemico ridotto.
Per superare un limite correlato anche alla quantità di carboidrati contenuti in una porzione di cibo è stato creato l’indice di carico glicemico degli alimenti, che si ottiene moltiplicando i grammi di carboidrati, contenuti in ogni alimento  per l’indice glicemico. Tre fattori influenzano l’indice glicemico di ogni alimento:

1 Il contenuto in fibre
2 Il contenuto in grassi
3 Il tipo di zuccheri semplici(rapporto fruttosio-glucosio) 

La ricchezza in grassi e il rapporto fruttosio-glucosio con più alto livello di fruttosio riducono la velocità  dell’assorbimento dei carboidrati.

LIPIDI

L’apporto di grassi raccomandato è attorno al 15-20% delle calorie totali giornaliere. Essendo elevato il contenuto calorico dei grassi (9 KCal./gr.) è opportuno che una certa quota delle calorie totali della dieta sia rappresentata da grassi, ad evitare il sovrariempimento gastrico. Inoltre i lipidi costituiscono una parte strutturale delle membrane cellulari e fungono da trasportatori di alcuni vitamine. Dobbiamo sapere che i grassi introdotti con la dieta sono di 2 tipi:

grassi animali cioè grassi saturi;
grassi vegetali cioè grassi insaturi.

È bene che la quantità maggiore di grassi da introdurre con la dieta, per evitare l’ipercolesterolemia in età avanzata e ridurre i fattori di rischio nei confronti dell’aterosclerosi, sia del secondo tipo, quelli che sono chiamati grassi polinsaturi contenuti sostanzialmente negli oli vegetali e soprattutto monoinsaturi (olio d’oliva).

ACQUA

Andiamo adesso ad analizzare il fabbisogno giornaliero in ACQUA: in condizioni medie di temperatura e a riposo le perdite di acqua si attuano attraverso le urine (1.500 ml), l’aria espirata (400 ml), la cute (600 ml) e le feci (100 ml), per un totale giornaliero di 2.600 ml. Per mantenere l’organismo in equilibrio idrico bisogna, ovviamente, che l’apporto sia intorno ai 2-3 litri; per una persona che svolge un intenso esercizio fisico l’apporto deve essere circa un litro di acqua per ogni ora di esercizio. Il rischio, altrimenti, è quello di andare incontro ad un processo di disidratazione che, oltre a sete eccessiva, si presenta con debolezza generale, secchezza e mancanza di elasticità della pelle, aumento della temperatura corporea, diminuzione della diuresi.